Start up innovative

Nuove norme sulle agevolazioni fiscali a favore di coloro che investono in start up innovative

Il Decreto 25 febbraio 2016 del Mef reca le disposizioni di attuazione dei commi da 1 a 7 dell’articolo 29 del D.L. 179/2012 al fine di adeguare la disciplina ai nuovi orientamenti comunitari in materia di capitale di rischio e alla decisione della Commissione europea del 14 dicembre 2015 che ha autorizzato gli aiuti anche per il 2016.

Importanti e sostanziali sono le novità introdotte con il nuovo decreto rispetto alla precedente disciplina, dettata dal decreto interministeriale del 30 gennaio 2014, che ora ha cessato tutta la sua efficacia.

La prima novità riguarda l’estensione al 2016 e il rafforzamento delle agevolazioni fiscali a favore dei soggetti che investono nel capitale delle imprese start up innovative.

Per le persone fisiche è prevista la detrazione Irpef del 19% degli investimenti fino a un massimo investito pari a 500.000 euro.

I soggetti passivi Ires potranno fruire di una deduzione dal reddito complessivo di un importo pari al 20% dei conferimenti effettuati, fino a 1,8 milioni euro.

Le percentuali salgono rispettivamente al 25% e al 27% nel caso di investimenti nelle start up a vocazione sociale o per gli investimenti in start up innovative che sviluppano e commercializzano esclusivamente prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ambito energetico. La seconda novità riguarda l’innalzamento della soglia di investimenti ammissibili per ciascuna start up innovativa.

Una ulteriore modifica riguarda l’aumento da 2 a 3 anni del periodo obbligatorio in cui mantenere l’investimento, pena la decadenza dalle agevolazioni.

Vengono, infine, razionalizzate le cause di decadenza dell’agevolazione: non determina più la decadenza dell’incentivo la perdita dello status di start up innovativa, se dovuta al superamento del limite temporale dei 5 anni dalla costituzione, o del tetto di 5 milioni di euro del valore della produzione annua o la quotazione su una piattaforma multilaterale di negoziazione.

 

Fonti: (Ministero dell’Economia e delle Finanze, Decreto 25 febbraio 2016, G.U. n.84 dell’11/04/2016)

Denis Torri




L’ Alleanza del Pacifico

alianza del pacifico

Colombia, Messico, Perù e Cile, il 28 aprile 2011, hanno siglato un’iniziativa di integrazione regionale che oggi ha portato la libera circolazione del 90% dei beni e servizi prodotti dai Paesi membri e una più facile movimentazione di capitali.

L’accordo di cooperazione punta ad aumentare la crescita, lo sviluppo e la competitività nell’area e a generare nuove opportunità di lavoro per gli oltre 210 milioni di abitanti. L’obiettivo è raggiungere un’area di libero scambio dove persone, capitali e merci si possano muovere liberamente.

Nel 2012 il Cile è cresciuto del 5,6%, il Perù del 6,2%, la Colombia del 4% e il Messico del 3,9%. I quattro Paesi:

  • producono un Pil annuo superiore ai 2 miliardi di dollari (il 35% del Pil del continente) e rappresentano la sesta potenza mondiale dietro alla Germania e davanti a Russia e Brasile;
  • concentrano il 50% del commercio dell’America Latina con il resto del Mondo;
  • hanno attirato, nel 2012, circa 70 miliardi di dollari in Investimenti Esteri Diretti;
  • saranno – secondo il quotidiano spagnolo “El Pais” – nei prossimi 10 anni la quarta economia che più contribuirà alla crescita mondiale dopo Cina, India e USA.

Nello statuto costitutivo, viene ribadito che l’Alleanza del Pacifico:

  • non si pone in contrapposizione con gli altri due blocchi regionali il Mercosur (Argentina, Brasile, Venezuela, Uruguay e Paraguay) e l’Alianza bolivariana per i popoli delle Americhe (Venezuela, Bolivia, Cuba, Ecuador e Nicaragua);
  • è aperta a siglare nuovi accordi (i 4 paesi fondatori si affacciano sull’Oceano Pacifico e sono quindi commercialmente proiettati verso l’Asia);
  • è anche una piattaforma di articolazione politica, d’integrazione economica e commerciale e di proiezione verso il resto del mondo.

Non a caso, la rapida evoluzione dell’Alleanza del Pacifico è seguita con molta attenzione. Basti pensare al lungo elenco dei paesi osservatori: Costa Rica (che dopo aver ratificato un trattato di libero commercio con la Colombia diventerà membro del blocco), Panama (candidato alla membership), Ecuador, El Salvador, Honduras, Paraguay, Guatemala, Repubblica Dominicana, Uruguay, Canada, Francia, Spagna, Portogallo, Turchia, Nuova Zelanda, Australia e Giappone.

Il Governo della Repubblica di Colombia, presidente pro-tempore dell’Alleanza del Pacifico, ha comunicato a novembre 2013 l’accoglimento della richiesta italiana di essere ammessa come osservatore all’Alleanza del Pacifico.

Da segnalare che Cile e Perù hanno già firmato trattati di libero scambio con: UE, USA, Cina e Giappone aprendo la strada ad accordi allargati. Il nuovo blocco regionale è dinamico, meno “ideologico” del Mercosur, che si è dimostrato un po’ conservatore e poco aperto nei confronti del resto del mondo (non sono in corso trattative con nessuna delle quattro economie più rilevanti).

L’accordo prevede non solo la riduzione dei dazi e l’abolizione dei visti turistici tra paesi membri, ma anche la condivisione di alcune sedi diplomatiche (ad Accra, in Ghana, ad esempio) e la creazione di un fondo di cooperazione. Le Borse valori di Perù, Colombia e Cile già operano in maniera unificata all’interno del Mercato integrato latinoamericano (Mila); il Messico dovrebbe unirsi a breve.

Negoziazioni in corso:

I quattro paesi sono attualmente impegnati a:

  • definire le questioni doganali che coinvolgono il 10% dei prodotti che non possono ancora circolare liberamente (l’intero processo terminerà solo nel 2030);
  • costruire un sistema informatico comune per favorire la rapida circolazione delle informazioni e dei dati tra le 4 autorità doganali coinvolte;
  • delineare un sistema di origine delle merci comune;
  • semplificare le norme non tariffarie e regolamentare le norme del settore farmaceutico e cosmetico;
  • adottare regole condivise sugli acquisti pubblici.

Fonti: ITA nmercati

Denis Torri