Aggiornamento del quadro normativa e fiscale nelle relazioni “SVIZZERA -ITALIA” e “SVIZZERA- UE”

Aggiornamento del quadro normativa e fiscale nelle relazioni “SVIZZERA -ITALIA” “SVIZZERA- UE”

Di seguito alcune importanti informazioni concernenti lo stato attuale del quadro normativa internazionale in ambito fiscale ricordandole i recenti eventi principali.

In data 17 dicembre 2014 , il Governo Italiano ha varato la legge 186 “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale” anche conosciuta come Voluntary Disclosure (o autodenuncia), e più recentemente , il 13 marzo, è stata pubblicata, quale complemento, la Circolare dell’Agenzia delle entrate. La legge ha inoltre introdotto il reato di autoriciclaggio nel codice penale che comporta sanzioni amministrative e penali.

In data 23 febbraio 2015, è stata sottoscritta dai due Paesi l’intesa Svizzera -Italia sulle questioni fiscali che modifica la Convenzione per evitare le doppie imposizioni e una roadmap per la prosecuzione del dialogo sulle questioni finanziarie e fiscali.

La Voluntary Disclosure

La Voluntary Disclosure (VD) è la procedura di emersione di attività finanziarie e patrimoniali detenute in Italia e all’estero che non sono stati oggetto degli obblighi dichiarativi ai sensi della normativa sul «monitoraggio valutario» (DL 28 giugno 1990, n. 167) e/o che non sono stati oggetto degli obblighi impositivi in materia d’imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, IRAP, IVA, sostituti d’imposta.

La VD prevede una serie di riduzioni delle sanzioni amministrative e dei reati penali ma solo per le richieste che giungono alle autorità preposte entro il 30 settembre 2015. Tuttavia, delle sanzioni maggiorate sono invece previste se gli averi non dichiarati si trovano in Stati che figurano sulla lista nera (Black list) italiana dei Paesi che non permettono uno scambio adeguato d’informazioni. La Svizzera ne ha sinora fatto parte poiché non disponeva di una convenzione per evitare le doppie imposizioni (CDI) con l’Italia contenente una clausola sullo scambio d’informazioni conforme allo standard OCSE.

L’intesa Svizzera -Italia e Svizzera UE

L’incontro Svizzera – Italia del 23 febbraio 2015 ha permesso di trovare un’intesa in tal senso apportando una sostanziale modifica alla CDI (articolo 27 “Scambio di informazioni”) conferendo alla Svizzera lo status di “Paese non Black List”.

La modifica, oltre a permettere il dimezzamento dei termini di accertamento in ambito VD migliora sensibilmente le relazioni in ambito finanziario e fiscale tra la Svizzera e l’Italia dopo le controversie durate diversi anni, semplificando di fatto la regolarizzazione di averi non dichiarati prima dell’introduzione dello scambio automatico di informazioni (la cui attuazione definitiva è prevista dal 2018).

L’intesa ha permesso inoltre di tracciare una concreta roadmap concernente questioni finanziarie e fiscali tra i due Paesi comprovando il reciproco impegno politico per il dialogo che permetterà di rafforzare la cooperazione e di sviluppare le relazioni economiche bilaterali in un clima estremamente costruttivo.

E’ inoltre importante notare che, ai sensi della CDI modificata tra Svizzera ed Italia, le autorità italiane avranno il diritto di presentare richieste di gruppo alla Svizzera secondo gli standard OCSE aventi ad oggetto, retroattivamente, circostanze a partire dalla data della firma della CDI modificata.

A dimostrazione del nuovo orientamento della Confederazione e della sua sensibilità nei confronti della fiscalità internazionale, l’accordo per lo scambio automatico di informazioni in materia fiscale (che in questo caso sostituisce l’accordo sulla fiscalità del risparmio con l’UE in essere dal 2005) è stato sottoscritto anche tra Svizzera e Unione Europea il 19.03.2015.

Fonti: EU – CH

Denis Torri




Un occhio alle Previsioni economiche della World Bank:

world_Bank

Un occhio alle Previsioni economiche della World Bank:

I Paesi in via di sviluppo vanno incontro a un anno di crescita deludente, e la debolezza del primo trimestre nel 2014 ha ritardato la prevista ripresa dell’attività economica generale. Questo è quanto emerge dall’ultimo report Global Economic Prospects della World Bank.

Il maltempo negli Stati Uniti, la crisi in Ucraina, il riequilibrio in Cina, le lotte politiche in diverse economie a medio reddito, i lenti progressi nelle riforme strutturali, e i vincoli di capacità, contribuiscono a una crescita inferiore al 5% per il terzo anno consecutivo per i Paesi in via di sviluppo.

Il maltempo negli Stati Uniti, la crisi in Ucraina, il riequilibrio in Cina, le lotte politiche in diverse economie a medio reddito, i lenti progressi nelle riforme strutturali, e i vincoli di capacità, contribuiscono a una crescita inferiore al 5% per il terzo anno consecutivo per i Paesi in via di sviluppo.

“I tassi di crescita nel mondo in via di sviluppo sono ancora troppo modesti per creare il tipo di posti di lavoro di cui abbiamo bisogno per migliorare del 40% la vita dei Paesi più poveri”, ha detto il presidente del World Bank Group Jim Yong Kim.

I Paesi devono muoversi più velocemente e investire di più nelle riforme strutturali interne per ottenere una crescita economica di ampia base ai livelli necessari per porre fine alla povertà estrema nella nostra “generazione”.

La Banca ha abbassato le sue previsioni per i Paesi in via di sviluppo, prospettando una crescita al 4,8% quest’anno, in calo rispetto alla stima di gennaio del 5,3%. I segni puntano a un rafforzamento nel 2015 e 2016 del 5,4 e 5,5%, rispettivamente. La Cina è destinata a crescere del 7,6% quest’anno, ma questo dipenderà il successo degli sforzi di riequilibrio. Se si verificasse un “atterraggio duro”, le ricadute si farebbero ampiamente sentire in tutta l’Asia.

Nonostante il primo trimestre debole negli Stati Uniti, la ripresa nei Paesi ad alto reddito sta guadagnando slancio. Queste economie sono attese a una crescita dell’1,9% nel 2014, accelerando al 2,4% nel 2015 e al 2,5% nel 2016. L’Area Euro è sulla strada giusta per crescere dell’1,1% quest’anno, mentre l’economia degli Stati Uniti, che ha visto una contrazione nel primo trimestre a causa di maltempo, è destinata a crescere del 2,1% quest’anno (in calo rispetto alla precedente previsione del 2,8%).

Rischi finanziari meno pressanti

L’economia globale dovrebbe prendere velocità nel corso dell’anno e si prevede un’espansione del 2,8% quest’anno, in rafforzamento al 3,4 e 3,5% nel 2015 e nel 2016, rispettivamente. Nello stesso periodo, le economie ad alto reddito contribuiranno per circa la metà della crescita globale, rispetto a meno del 40% nel 2013.

L’accelerazione nelle economie ad alto reddito sarà un impulso importante per i Paesi in via di sviluppo. Queste si prevede che inietteranno nella domanda globale oltre 6.300 miliardi di dollari in più nei prossimi tre anni, che è significativamente una cifra maggiore rispetto all’aumento di 3.900 miliardi con cui hanno contribuito nel corso degli ultimi tre anni.

I rischi finanziari a breve termine sono diventati meno pressanti, in parte perché i rischi al ribasso precedenti si sono realizzati ma senza generare grandi sconvolgimenti, e poi per gli adeguamenti economici che lo scorso anno hanno ridotto le vulnerabilità. I disavanzi correnti in alcune delle economie più colpite nel corso del 2013 e all’inizio del 2014 sono diminuiti, e i flussi di capitali verso i Paesi in via di sviluppo sono rimbalzati. I rendimenti obbligazionari di questi Paesi sono diminuiti, e i mercati azionari hanno recuperato, in alcuni casi superando i livelli di inizio anno, pur rimanendo più bassi rispetto a un anno fa..

I mercati rimangono volubili e la speculazione sui tempi e l’entità dei futuri cambiamenti nella politica macro degli alti redditi, può provocare ulteriori episodi di volatilità. Inoltre, le vulnerabilità persistono in diversi Paesi che uniscono alta inflazione e disavanzo delle partite correnti (Brasile, Sud Africa e Turchia). Il rischio qui è che il recente allentamento delle condizioni finanziarie internazionali ancora una volta servirà a stimolare la crescita del credito, del deficit delle partite correnti e vulnerabilità associate.

“La salute finanziaria delle economie è migliorata. Con l’eccezione di Cina e Russia, i mercati azionari hanno fatto bene nelle economie emergenti, in particolare, India e Indonesia. Ma non siamo totalmente fuori dai guai. Un graduale inasprimento della politica fiscale e riforme strutturali sono auspicabili per ripristinare lo spazio fiscale impoverito dalla crisi finanziaria del 2008. In breve, ora è il momento di prepararsi per la prossima crisi”, ha commentato Kaushik Basu, Senior Vice President e Chief Economist della Banca Mondiale.

I bilanci nazionali dei Paesi in via di sviluppo sono peggiorati in modo significativo dal 2007. In quasi la metà di questi, i disavanzi pubblici superano il 3% del PIL, mentre il rapporto debito-PIL è

aumentato di oltre 10 punti percentuali dal 2007. La politica fiscale ha bisogno di “stringere” in Paesi in cui i deficit rimangono elevati, tra cui il Ghana, India, Kenya, Malesia e Sud Africa.

Inoltre, il programma di riforme strutturali in molti Paesi in via di sviluppo si è arrestato negli ultimi anni, e ha bisogno di essere rinvigorito, al fine di sostenere la rapida crescita del reddito.

Una razionalizzazione della spesa, piuttosto che un aumento della stessa, sarà fondamentale. Colli di bottiglia nei settori dell’energia e delle infrastrutture, nei mercati del lavoro e nel clima imprenditoriale in molti Paesi a reddito medio-alto, frenano il PIL e la crescita della produttività. La riforma dei sussidi è una potenziale via per generare i fondi per migliorare la qualità degli investimenti pubblici in capitale umano e delle infrastrutture”, ha affermato Andrew Burns, autore del report della World Bank.

Regionali

In Asia orientale e nella regione del Pacifico, il 2013 ha segnato un altro anno di moderata crescita, dovuta principalmente alle regolazioni nazionali volte ad affrontare gli squilibri accumulati durante gli anni di espansione del credito. Gli aggiustamenti continuano nel 2014, con una crescita del credito reale in moderazione dai tassi a due cifre, in particolare in Cina, Malesia e Indonesia. Le prospettive per la regione sono di un rallentamento modesto della crescita dal 7,2% del 2013 a circa il 7,0% entro il 2016; circa 2 punti percentuali più lenta rispetto agli anni del boom pre-crisi, ma sostanzialmente in linea con il potenziale. La crescita per la Cina dovrebbe rallentare gradualmente, col 7,6% nel 2014 e il 7,4% entro il 2016, riflettendo il continuo riequilibrio. La crescita regionale (esclusa la Cina) è proiettata a irrobustirsi da circa 5,0% di quest’anno al 5,5% entro il 2016, grazie al rafforzamento della domanda esterna: una crescita ridotta dalla situazione politica in Thailandia, e da un allentamento della regolazione interna ovunque.

Una modesta ripresa nei Paesi in via di sviluppo dell’Europa e della regione dell’Asia centrale si è vista nel primo trimestre del 2014, nonostante i venti contrari provenienti dalle turbolenze finanziarie globali e la situazione in Ucraina. La produzione industriale ha accelerato, sostenuta da crescenti esportazioni verso l’area euro.

In Asia centrale, la crescita russa molto più debole (un importante partner commerciale e fonte di rimesse) e il calo dei metalli e minerali prezzi, oltre ai vincoli di capacità nazionali, hanno rallentato finora la crescita nel 2014. Nel complesso, la situazione Ucraina si stima abbia abbassato di un punto percentuale la crescita tra i Paesi a basso e medio reddito nella regione. Poiché questo effetto facilita, la produzione prevede una accelerazione da un debole 2,4% nel 2014 (3,6% nel 2013), al 3,7 e 4,0% nel 2015 e nel 2016, rispettivamente. La crescita in Russia, ora è un Paese ad alto reddito, sarà appena positiva, attestandosi allo 0,5% nel 2014, salendo all’1,5% nel 2015 e al 2,2% nel 2016.

L’attività in America Latina e nei Caraibi è stata debole, riflettendo prezzi delle materie prime stabili o in calo, il calo del primo trimestre della crescita del PIL degli Stati Uniti e le sfide nazionali. La debolezza regionale cominciata a partire dal 2013, pesa sulle esportazioni di merci in un certo numero di Paesi. I dati del primo trimestre per Argentina, Brasile, Messico e Perù sono deboli, riflettendo una varietà di influenze, tra cui i problemi meteorologici del PIL degli Stati Uniti, il recente aumento delle tasse in Messico e rallentamento della crescita cinese.

Al contrario, Bolivia e Panama sono attesi in crescita di oltre il 5% quest’anno. Le esportazioni regionali, comprese le entrate da turismo nei Caraibi, sono tenute a irrobustirsi a causa di una maggiore crescita nei Paesi avanzati, e a una migliorata competitività conseguente a deprezzamenti valutari precedenti. Tutto ciò, unito con la continua e robusta crescita degli investimenti lungo la costa del Pacifico del Sud America, e forti afflussi di capitali deve far superare la debolezza del primo trimestre e generare un aumento modesto dell’1,9% del PIL regionale nel 2014, con una crescita accelerata al 2,9% nel 2015 e al 3,5% nel 2016.

Il Brasile, la più grande economia della regione, è destinata a crescere a più debolmente del previsto: dell’1,5% quest’anno, rafforzandosi al 2,7% nel 2015 e al 3,1% e nel 2016.

La crescita nei Paesi in via di sviluppo della regione del Medio Oriente e del Nord Africa si prevede in graduale rafforzamento, ma rimane debole per il periodo di previsione a seguito di una contrazione dello 0,1% nel 2013. Nei Paesi importatori di petrolio, l’attività economica si sta stabilizzando. Le esportazioni in diverse economie mediterranee sono in ripresa grazie alla ripresa nell’Area Euro. Mentre l’attività è ripartita da livelli bassi in Egitto, in Libano gli echi del conflitto in Siria continuano a deprimerla, così come le esportazioni e il sentiment generale. L’outlook degli esportatori di petrolio della regione mostra segni di rafforzamento dopo le interruzioni precedenti, in particolare in Iraq. Tuttavia, la produzione aggregata rimane inferiore alla media 2013. Nelle prospettive per la regione regna l’incertezza, dovuta a una serie di rischi domestici legati alla instabilità politica. La crescita nei Paesi in via di sviluppo della regione si prevede salga gradualmente fino all’1,9% nel 2014, del 3,6% nel 2015, e del 3,5% nel 2016, aiutata da un rimbalzo della produzione di petrolio tra i paesi esportatori, e un modesto recupero tra le economie che invece importano il greggio.

La crescita del PIL in Asia meridionale ha rallentato a una stima del 4,7% in termini di prezzi di mercato nell’anno solare 2013 (2,6 punti percentuali al di sotto della crescita media nel 2003-12). Questa debolezza riflette principalmente l’attività manifatturiera sottotono e un brusco rallentamento della crescita degli investimenti in India. La crescita in Pakistan si stima essere rimasta sostanzialmente stabile, nonostante la stretta fiscale, ma rimane significativamente al di sotto della media regionale, dovuta in parte alla difficoltà di approvvigionamento di energia e le incertezze di sicurezza. Una robusta crescita globale e una ripresa modesta dell’attività industriale dovrebbero aiutare a risollevare la crescita in Asia del Sud al 5,3% nel 2014, per salire al 5,9% nel 2015, e al 6,3% nel 2016. La gran parte dell’accelerazione è localizzata in India, sostenuta da una graduale ripresa di investimenti interni e l’aumento della domanda globale. Le previsioni danno per assodato che siano intraprese le riforme per facilitare vincoli dal lato dell’offerta (in particolare nei settori dell’energia e delle infrastrutture), e per migliorare la produttività del lavoro, che continui il consolidamento fiscale, e venga mantenuta una politica monetaria credibile. La crescita in India è prevista al 5,5% tra il 2014-15, accelerando al 6,3% nel 2015-16 .

fonte: wbank

Denis Torri




Unione Europea relazione annuale in materia di fiscalità – Denis Torri

Nel debito rispetto del diritto, previsto dai trattati, di mettere a punto un sistema fiscale adattato alle caratteristiche individuali dell’economia di ciascuno Stato membro, la relazione propone un approccio globale in materia di politica fiscale, che può rivelarsi uno strumento pragmatico per promuovere la crescita e approfondire l’UEM. Pertanto, sono stati identificati tre principali ambiti prioritari complementari tra loro.

In primo luogo, è necessaria un’azione, attraverso misure mirate di politica fiscale, volta a ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese e delle autorità fiscali e a eliminare gli ostacoli artificiali e le divergenze tra le legislazioni nazionali. Vengono identificate iniziative importanti in grado di assicurare la certezza giuridica, aumentare gli scambi transfrontalieri, promuovere appieno il potenziale del mercato unico e stimolare pertanto la crescita e l’occupazione.

In secondo luogo, la politica fiscale, garantendo la base delle entrate, contribuisce in larga misura alla sostenibilità fiscale. È necessaria un’azione immediata, coordinata e globale, sia nell’Unione che a livello internazionale, per porre fine al reato dell’evasione fiscale, lottare contro la frode fiscale e l’elusione fiscale e combattere la pianificazione fiscale aggressiva e, ovviamente, i paradisi fiscali. Tale azione immediata potrebbe costituire un’alternativa all’introduzione di nuovi livelli o forme di tassazione e garantirebbe fondi aggiuntivi quanto mai necessari per stimolare gli investimenti pubblici, la crescita e l’occupazione. La relazione mette in evidenza gli atti legislativi e le misure non legislative chiave che dovrebbero essere adottate per aumentare il gettito pubblico, ripristinare la fiducia nell’equità dei nostri sistemi fiscali e ridurre gli oneri a carico dei contribuenti onesti.

In terzo luogo, il coordinamento fiscale mediante riforme fiscali strutturali ben definite, nel quadro del semestre europeo, è considerato uno strumento chiave per la definizione di politiche fiscali che stimolino la crescita, l’occupazione e gli investimenti in un orizzonte a medio e lungo termine.

 

Il Parlamento europeo, (2014/2144(INI)

–       visti l’articolo 3 del trattato sull’Unione europea (TUE), gli articoli 26, da 110 a 115 e 120 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e l’articolo 208 del trattato di Lisbona,

–       vista la proposta della Commissione relativa a una direttiva del Consiglio che attua una cooperazione rafforzata nel settore dell’imposta sulle transazioni finanziarie (COM(2013)0071),

–       vista la sua risoluzione del 3 luglio 2013 sulla proposta di direttiva del Consiglio che attua una cooperazione rafforzata nel settore dell’imposta sulle transazioni finanziarie(1),

–       vista la proposta della Commissione concernente una direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB) (COM(2011)0121),

–       vista la sua risoluzione del 19 aprile 2012 sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa a una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società(2),

–       vista la proposta della Commissione relativa a una direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/CE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale (COM(2013)0348),

–       vista la proposta della Commissione relativa a una direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (COM(2013)0814),

–       vista la proposta della Commissione concernente una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 febbraio 2013, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (2013/0025(COD)),

–       viste le raccomandazioni della task force “Azione finanziaria” (GAFI) del febbraio 2012(3) sulle norme internazionali in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo e la proliferazione,

–       vista la proposta della Commissione concernente una direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda una dichiarazione IVA standard (COM(2013)0721),

–       vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sul futuro dell’IVA – Verso un sistema dell’IVA più semplice, solido ed efficiente adattato al mercato unico (COM(2011)0851),

–       vista la comunicazione della Commissione sulla doppia imposizione nel mercato unico (COM(2011)0712),

–       vista la comunicazione della Commissione su un piano d’azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all’evasione fiscale (COM(2012)0722),

–       vista la comunicazione della Commissione su modalità concrete di rafforzamento della lotta alla frode fiscale e all’evasione fiscale, anche in relazione ai paesi terzi (COM(2012)0351),

–       vista la raccomandazione della Commissione sulla pianificazione fiscale aggressiva (COM(2012)8806),

–       vista la raccomandazione della Commissione concernente misure destinate a incoraggiare i paesi terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia fiscale (C(2012)8805),

–       vista la sua risoluzione del 19 aprile 2012 sulla richiesta di misure concrete per combattere la frode e l’evasione fiscali(4),

–       vista la relazione del 10 febbraio 2012 di Richard Murphy (FCA) intitolata “Closing the European Tax Gap” (Arrestare la perdita di gettito fiscale in Europa),

–       vista la sua risoluzione dell’8 marzo 2011 sulla cooperazione con i paesi in via di sviluppo per la promozione delle buone pratiche di gestione in materia tributaria(5),

–       visto il rapporto di aggiornamento 2012, pubblicato il 23 ottobre 2014, dello studio sulla quantificazione e l’analisi del divario dell’IVA nei 27 Stati membri,

–       vista la sua risoluzione del 21 maggio 2013 sulla lotta contro la frode fiscale, l’evasione fiscale e i paradisi fiscali(6),

–       viste la risoluzione del Consiglio del 1° dicembre 1997 su un codice di condotta in materia di tassazione delle imprese e la relazione del gruppo “codice di condotta sulla tassazione delle imprese” presentata al Consiglio il 20 giugno 2014,

–       visti il rapporto dell’OCSE sulla lotta contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS) (2013), il piano d’azione dell’OCSE sull’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (2013), nonché il rapporto dell’OCSE al gruppo di lavoro del G20 per lo sviluppo sull’impatto dell’erosione della base imponibile e del trasferimento degli utili nei paesi a basso reddito (2014)(7) e i risultati relativi a 7 azioni chiave, del 16 settembre 2014,

–       vista la strategia Europa 2020 (COM(2010)2020),

–       visto il parere del Comitato economico e sociale europeo del 15 e 16 ottobre 2014 in merito alla comunicazione della Commissione “Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” (CESE 3600/2014 – SC/039),

–       visto il comunicato successivo alla riunione dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali del G20 svoltasi a Mosca il 15 e 16 febbraio 2013,

–       visto il comunicato rilasciato a seguito del vertice dei capi di Stato e di governo dei paesi del G20 tenutosi a Brisbane il 15 e il 16 novembre 2014,

–       viste le conclusioni del Consiglio ECOFIN del 8 luglio 2014(8),

–       vista l’analisi annuale della crescita 2014 della Commissione (COM(2013)0800),

–       viste le conclusioni dei Consigli europei del 22 maggio 2013, del 19 e 20 dicembre 2013 e del 20 e 21 marzo 2014,

–       visti i documenti sulla fiscalità della Commissione n. 43 sulla tassazione delle attività finanziarie(9), n. 44(10) e n. 45(11) sulla fiscalità delle imprese e n. 48 sulle riforme fiscali negli Stati membri dell’UE(12),

–       vista la decisione del Consiglio ECOFIN di colmare la lacuna fiscale per i gruppi societari(13),

–       vista la decisione del Consiglio ECOFIN di estendere lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali(14),

–       vista la relazione della Commissione sulle tendenze in materia fiscale nell’Unione europea del 2014(15),

–       viste le raccomandazioni specifiche paese della Commissione per il 2014(16),

–       vista la relazione finale del gruppo di esperti ad alto livello della Commissione in materia di fiscalità dell’economia digitale(17),

–       viste le consultazioni della Commissione sul tema “Fiscalità: rafforzare il mercato unico per i cittadini”(18),

–       vista la sua risoluzione del 25 febbraio 2014 sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: aspetti occupazionali e sociali nell’analisi annuale della crescita 2014(19),

–       vista la sua risoluzione del 22 ottobre 2014 sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: attuazione delle priorità per il 2014(20),

–       vista la sua risoluzione del 5 febbraio 2014 su un quadro per le politiche dell’energia e del clima all’orizzonte 2030(21),

–       vista l’audizione del commissario designato per gli Affari economici e finanziari, la fiscalità e le dogane, Pierre Moscovici, del 2 ottobre 2014,

–       vista la dichiarazione del 6 novembre 2014 del commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager relativa alle indagini sugli aiuti di Stato di carattere fiscale,

–       visto il programma di lavoro della presidenza italiana del Consiglio,

–       vista la comunicazione della Commissione, del 26 novembre 2014, dal titolo “Un piano di investimenti per l’Europa” (COM(2014)0903),

–       visti i principi contabili in materia di imposte, in particolare IAS 12,

–       vista la pubblicazione dei cosiddetti documenti “LuxLeaks” da parte del consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta;

–       vista la lettera inviata dai ministri delle Finanze tedesco, francese e italiano al commissario Pierre Moscovici, nella quale si chiede di elaborare una legislazione per affrontare l’elusione fiscale e la pianificazione aggressiva e contrastare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili;

–       visto l’articolo 52 del suo regolamento,

–       vista la relazione della commissione per i problemi economici e monetari (A8-0040/2015),

  1. considerando che, secondo le stime, ogni anno nell’UE un importo pari a mille miliardi di euro di gettito potenziale va perduto a causa della frode e dell’elusione fiscali(22); che tale perdita comporta un grave rischio per l’efficacia e l’equità dei sistemi fiscali dell’UE, dato che aumenta gli oneri fiscali per tutti i cittadini e le aziende che agiscono in buona fede;
  2. considerando che la perdita di tale gettito fiscale fa sì che vi sia meno denaro pubblico disponibile per gli investimenti e, di conseguenza, una possibilità minore di stimolare gli investimenti privati, in un momento in cui l’attenzione dichiarata della Commissione è rivolta all’occupazione, alla crescita e agli investimenti;
  3. considerando che l’evasione fiscale(23) comprende attività illecite atte a celare o ignorare gli obblighi fiscali; che la frode fiscale(24) è una forma di evasione fiscale deliberata, generalmente punibile ai sensi del diritto penale mentre, d’altro canto, l’elusione fiscale(25) rappresenta l’utilizzo legale ma improprio del regime fiscale per ridurre o eludere i debiti d’imposta e la pianificazione fiscale aggressiva(26) consiste nell’approfittare degli aspetti tecnici di un regime fiscale o delle differenze fra due o più regimi fiscali allo scopo di ridurre il debito d’imposta;
  4. considerando che per perdita del gettito fiscale (“tax gap”)(27) si intende generalmente la differenza tra le imposte dovute e non riscosse e quelle effettivamente riscosse; considerando che la perdita del gettito fiscale è dovuta alla frode fiscale, all’evasione e all’elusione fiscali e alla pianificazione fiscale aggressiva;
  5. considerando che la legislazione in materia fiscale è soggetta alla sussidiarietà;
  6. considerando che le priorità centrali delle politiche fiscali internazionali si concentrano ora sullo sviluppo di una strategia globale nella lotta contro l’evasione e l’elusione fiscali e sull’istituzione di uno standard globale per la cooperazione amministrativa;
  7. considerando che la pubblicazione dei cosiddetti documenti “LuxLeaks” da parte del consorzio internazionale dei giornalisti d’inchiesta rende necessaria un’indagine accurata e indipendente sulle pratiche degli accordi fiscali degli Stati membri, sulla loro conformità alle norme dell’UE sul controllo degli aiuti di Stato e il loro rispetto dei principi del mercato unico;
  8. considerando che, sebbene sia ampiamente riconosciuto che un sistema fiscale equilibrato e orientato alla crescita è essenziale per generare una crescita sostenibile, non sono state finora state adottate misure concrete sufficienti;
  9. considerando che molte imprese, in particolare multinazionali, strutturano spesso la loro posizione fiscale mondiale in modo da trasferire gli utili verso giurisdizioni a bassa imposizione fiscale o cercano di assicurarsi trattamenti preferenziali al fine di ridurre le imposte a loro carico oppure negoziano direttamente con le autorità fiscali per ottenere trattamenti preferenziali e ridurre le aliquote fiscali loro applicate, con la connivenza delle autorità e dei governi di numerosi Stati membri;
  10. considerando che i cittadini in tutta l’Unione si attendono che i propri dirigenti politici intraprendano azioni volte a porre fine a tali prassi e a colmare le scappatoie legislative; che queste e altre prassi sospette, quali l’elusione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva, devono essere rese illegali e che devono essere applicate sanzioni appropriate;
  11. considerando che la riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle PMI e delle microimprese, e l’eliminazione degli ostacoli fiscali nelle attività transfrontaliere possono stimolare la crescita;
  12. considerando che una politica fiscale che promuova l’inclusione, la trasparenza e l’equità e incoraggi la buona governance è uno strumento efficace per promuovere la crescita sostenibile, la giustizia sociale e la riduzione della disuguaglianza economica;
  13. considerando che l’obiettivo del programma REFIT (controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione) della Commissione consiste nel semplificare la legislazione dell’UE e ridurre il numero di norme, abbassando in tal modo anche il costo della regolamentazione, per creare un quadro legislativo chiaro, più semplice e più stabile per le PMI; che è opportuno incoraggiare altre iniziative di tale tipo;
  14. considerando la necessità generalizzata di semplificare i regimi fiscali per consentire di ridurre i costi per le pubbliche amministrazioni, i cittadini e le imprese e prevenire l’evasione fiscale, l’elusione fiscale o semplicemente gli errori, nonché la (mancata) doppia imposizione o la doppia immunità fiscale;
  15. considerando che il semestre europeo è un meccanismo di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri;

Considerazioni generali

  1. si compiace dell’accordo sullo scambio automatico di informazioni e delle prospettive di una sua rapida attuazione; chiede a questo proposito l’abolizione definitiva del segreto bancario all’interno dell’UE a partire da giugno 2015;
  2. chiede di concludere accordi fiscali anche con paesi terzi prima del 31 giugno 2015 e invita la Commissione ad avviare negoziati con altri paesi terzi tra i quali, senza limitarvisi, Singapore;
  3. chiede che, in sede di attuazione del nuovo standard globale, i progetti pilota scambino automaticamente informazioni fiscali con i paesi in via di sviluppo per un periodo di transizione e su base non reciproca;
  4. sottolinea che l’azione coordinata a livello di UE, anche nel contesto del codice di condotta sulla tassazione delle imprese, è necessaria per perseguire l’applicazione di norme di trasparenza in relazione ai paesi terzi; invita la Commissione e gli Stati membri a incorporare tali norme nei futuri accordi commerciali;
  5. insiste sul principio generale che le imposte debbano essere pagate nel luogo in cui sono fruiti i servizi pubblici; condanna fermamente le politiche fiscali aggressive che inducono i contribuenti a trasferire la loro base imponibile al di fuori dei paesi in cui fruiscono dei servizi pubblici o si avvalgono di una forza lavoro che li consuma;
  6. sottolinea che la lotta contro la frode, l’evasione e l’elusione fiscali, la pianificazione fiscale aggressiva e i paradisi fiscali, come pure il miglioramento del quadro necessario per il corretto funzionamento del mercato unico mediante una legislazione efficace nell’ambito della politica fiscale, possono dare migliori risultati se si adotta un approccio comune; sottolinea che un simile approccio comune sarebbe perseguito al meglio a livello globale anziché solo a livello europeo;
  7. ricorda che è necessario preservare una concorrenza fiscale sana e trasparente tra gli Stati membri, a favore della crescita e dell’occupazione, consentendo al contempo al settore bancario europeo di rimanere competitivo a livello mondiale, onde evitare l’evasione fiscale al di fuori dell’UE;
  8. condanna la conclusione, da parte di alcuni Stati membri e di determinate multinazionali, di accordi segreti per la concessione di esenzioni fiscali volte ad attirare le imprese arrecando pregiudizio ai sistemi tributari di altri Stati membri, così come al corretto funzionamento della libera concorrenza, a un’assegnazione efficiente delle risorse e al mercato interno;
  9. sottolinea che gli investimenti transfrontalieri, in particolare quelli privati, sono essenziali per l’economia dell’Unione; evidenzia che iniziative fiscali “favorevoli alle imprese” e “favorevoli agli investimenti” sono fondamentali per realizzare un sistema tributario sostenibile che contribuisca alla crescita; sottolinea che occorrono nuove forme di cooperazione efficiente ed efficace tra i settori pubblico e privato, anche negli ambiti della ricerca e dell’innovazione, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dei trasporti e delle fonti energetiche rinnovabili;
  10. sottolinea che un livello moderato di imposizione è essenziale non solo per il benessere sociale delle famiglie e dei nuclei familiari, ma anche per la competitività e la creazione di posti di lavoro; sottolinea la necessità di una spesa pubblica controllata ed efficiente e di finanze pubbliche stabili;
  11. sottolinea il ruolo centrale svolto dalle PMI quali motori di crescita e di occupazione nell’UE; rimarca che le politiche tributarie dell’UE dovrebbero pertanto essere elaborate in modo da minimizzare gli ostacoli per le PMI e che occorre compiere ulteriori sforzi per eliminare gli ostacoli fiscali e gli oneri amministrativi per le PMI;
  12. evidenzia che una maggiore armonizzazione a livello di politica tributaria garantirebbe il sostegno delle politiche tributarie degli Stati membri ai più ampi obiettivi strategici dell’UE quali definiti nella strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; sottolinea che un’imposizione fiscale efficace garantisce agli Stati membri un livello base di gettito, in una fase caratterizzata da un debito pubblico elevato e da un drammatico bisogno di investimenti nell’Unione europea;
  13. raccomanda che la Commissione e i singoli Stati membri, all’atto della formulazione o modifica della politica tributaria, anche nel quadro del semestre europeo, avviino un dialogo serio con le imprese e i soggetti sociali e civili interessati, per garantire che la legislazione in materia rifletta la realtà economica e promuova la conformità fiscale volontaria;

Potenziare i benefici del mercato interno attraverso la politica fiscale

  1. invita la Commissione a elaborare proposte concrete su come affrontare gli ostacoli fiscali che frenano l’attività transfrontaliera dei cittadini e delle imprese nel mercato unico e a sviluppare ulteriormente strumenti atti a semplificare e migliorare la trasparenza delle norme e regolamentazioni fiscali in vigore nell’Unione e negli Stati membri; sottolinea che ciò ridurrebbe i costi per le imprese, in particolare per le PMI, per i cittadini e per le pubbliche amministrazioni, contribuendo altresì a prevenire l’evasione fiscale, l’elusione fiscale o semplicemente gli errori;
  2. rileva che il regime IVA unionale fornisce una quota significativa delle entrate pubbliche dell’UE: il 21 % nel 2009(28); evidenzia che l’attuale modello di riscossione dell’IVA è rimasto immutato dalla sua introduzione, il che porta ad alti livelli di costi superflui per la conformità e all’elusione fiscale; sottolinea che, trattandosi di un modello obsoleto, la prosecuzione del suo utilizzo porta a perdite sostanziali e inutili;
  3. è estremamente preoccupato per il fatto che 177 miliardi di EUR(29) di gettito IVA siano stati persi nel 2012 in ragione della non conformità o della mancata riscossione;
  4. accoglie favorevolmente l’accordo di trilogo sulla direttiva antiriciclaggio e il regolamento relativo al trasferimento dei fondi; ritiene tuttavia che continui ad esservi un margine di miglioramento, ed esorta gli Stati membri a ricorrere alla flessibilità offerta in particolare dalla direttiva antiriciclaggio per avanzare verso l’uso di registri pubblici privi di restrizioni con accesso a informazioni utili sulla proprietà per le imprese, le fiduciarie, le fondazioni e altri soggetti giuridici;
  5. invita la Commissione a presentare proposte concrete per far fronte al divario dell’IVA, al fine di combattere la frode e l’evasione fiscali, tenendo conto delle recenti proposte adottate dal Consiglio;
  6. invita la Commissione, in quanto elemento fondamentale nella realizzazione del mercato unico digitale, a presentare una proposta finalizzata a consentire agli Stati membri di applicare aliquote IVA ridotte ai libri e, possibilmente, anche ad altri prodotti mediatici, forniti in formato digitale; osserva che la situazione attuale, in cui è possibile applicare aliquote ridotte ai libri solo se forniti su supporti fisici, non è coerente con il principio di assoggettare prodotti e servizi simili alle stesse aliquote IVA;
  7. invita la Commissione ad avanzare una proposta per semplificare la legislazione sugli obblighi in materia di dichiarazione IVA, al fine di ridurre gli oneri amministrativi per le imprese dell’UE e agevolare gli scambi transfrontalieri;
  8. invita la Commissione a proporre un quadro legislativo chiaro che garantisca la parità tra i prodotti elettronici e le loro alternative fisiche;
  9. deplora il fatto che gli undici Stati membri aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata in materia di imposta sulle transazioni finanziarie non abbiano ancora concretizzato l’impegno assunto; ricorda che il settore finanziario dovrebbe contribuire in modo equo alle finanze pubbliche; prende atto della comunicazione congiunta del 27 gennaio 2015 degli undici Stati membri, e del loro impegno di attuare un’imposta sulle transazioni finanziarie di larga portata e con un’aliquota bassa entro il 1° gennaio 2016; sottolinea l’urgenza di agire e l’importanza di introdurre un’imposta sulle transazioni finanziarie ambiziosa; invita gli altri Stati membri a considerare la possibilità di aderire all’imposta sulle transazioni finanziarie;
  10. chiede che il gettito dell’imposta sulle transazioni finanziarie faccia parte di una risorsa propria del bilancio dell’UE;
  11. invita gli Stati membri a concordare rapidamente una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società, che sarebbe obbligatoria in una prima fase per le imprese e le società cooperative europee e, in una seconda fase, per tutte le altre imprese, ad eccezione delle microimprese e delle piccole e medie imprese, come richiesto nella risoluzione legislativa del Parlamento del 19 aprile 2012 sulla proposta di direttiva del Consiglio su una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società(30);
  12. invita la Commissione a studiare attentamente le possibilità di introdurre un’aliquota minima per l’imposta sulle società, onde arginare la concorrenza fiscale dannosa;
  13. osserva che normative fiscali discrepanti in paesi confinanti possono causare difficoltà agli imprenditori che operano nelle regioni frontaliere; invita pertanto la Commissione a valutare le normative proposte sulla base degli effetti che queste possono produrre nelle regioni frontaliere;

Lotta contro la frode fiscale, l’evasione fiscale, la pianificazione fiscale aggressiva e i paradisi fiscali

  1. attende che la Commissione dia seguito alle sue raccomandazioni sulle misure destinate a incoraggiare i paesi terzi ad applicare norme minime di buona governance in materia tributaria e sulla pianificazione fiscale aggressiva e che gli Stati membri diano seguito al piano d’azione aggiornato della Commissione contro la frode e l’evasione fiscali e la pianificazione fiscale aggressiva;
  2. sottolinea che gli Stati membri dell’UE e la Commissione, ove opportuno, dovrebbero assumere un ruolo guida nelle discussioni riguardanti la lotta contro la presunta frode fiscale o l’elusione fiscale aggressiva in sede di OCSE, nel Forum globale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali e in altri consessi globali pertinenti;
  3. invita la Commissione a elaborare ulteriori iniziative per promuovere la buona governance in materia tributaria nei paesi terzi, lottare contro la pianificazione fiscale aggressiva e ovviare alle lacune in materia di doppia (mancata) imposizione; ritiene che le convenzioni sulla (mancata) doppia imposizione tra Stati membri e paesi terzi devono basarsi su standard comuni; sostiene che non devono essere concluse convenzioni sulla (mancata) doppia imposizione con paradisi fiscali o giurisdizioni non cooperative e invita pertanto la Commissione ad aggiungere una clausola in ciascuna proposta legislativa pertinente al fine di assicurare che gli obiettivi della legislazione non siano aggirati ricorrendo a interpretazioni fiscali;
  4. chiede alla Commissione di presentare al Consiglio e al Parlamento, con periodicità annuale, una relazione sul lavoro e i risultati ottenuti dalla piattaforma per la buona governance tributaria;
  5. accoglie favorevolmente l’accordo sulle norme antiabuso nella direttiva sulle società madri e figlie; esorta gli Stati membri a mettere celermente in atto tali norme e ad estenderle alla direttiva sugli interessi e i canoni;
  6. invita la Commissione ad attribuire una priorità elevata alla lotta contro l’evasione fiscale e ad avanzare proposte di ampia portata ed efficaci contro i paradisi fiscali e l’elusione fiscale nei primi sei mesi del 2015;
  7. invita la Commissione a introdurre, nell’ambito di tali proposte, un impegno e obiettivi tangibili per dimezzare la perdita di gettito fiscale entro il 2020(31), che potrebbero far parte del monitoraggio di Europa 2020;
  8.    invita la Commissione e gli Stati membri a sostenere la creazione di un organismo fiscale intergovernativo sotto l’egida delle Nazioni Unite, allo scopo di garantire che i paesi in via di sviluppo possano partecipare su base paritetica alla formulazione e alla riforma delle politiche fiscali globali;
  9. chiede alla Commissione di cooperare pienamente con l’OCSE, il G20 e i paesi in via di sviluppo per lottare contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili e di informare regolarmente il Parlamento e il Consiglio in merito ai progressi compiuti; accoglie positivamente l’imminente piano d’azione rivisto della Commissione del 2015 sull’evasione e l’elusione fiscali ed esorta la Commissione a presentare una direttiva contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (BEPS) entro la fine di giugno 2015;
  10. ritiene che la Commissione dovrebbe aggiornare il piano d’azione contro la frode e l’evasione fiscali e la pianificazione fiscale aggressiva sulla base delle promesse dei leader del G20 di garantire l’equità del sistema fiscale internazionale e la base di gettito dei paesi; ritiene che i programmi Fiscalis e Dogane dovrebbero concentrare l’attenzione, inoltre, sul problema della pianificazione fiscale aggressiva;
  11. saluta con favore la rapida messa in atto di una rendicontazione paese per paese per le banche, come definita nella quarta modifica della direttiva sui requisiti patrimoniali; invita la Commissione a introdurre, come prossimo passo, la rendicontazione obbligatoria per paese per le imprese transfrontaliere di tutti i settori e in tutti i paesi in cui queste operano, comprese le giurisdizioni non cooperative e i paradisi fiscali, attraverso una revisione immediata della direttiva contabile, assicurando nel contempo che gli oneri amministrativi siano ridotti al minimo;
  12. chiede azioni urgenti e misure vincolanti per contrastare gli aspetti dannosi degli incentivi fiscali offerti sul reddito generato dalla proprietà intellettuale o “patent box”;
  13. chiede che lo scambio di informazioni sia esteso agli accordi fiscali transfrontalieri, al fine di garantire che tutte le società operanti nell’Unione rispettino i loro obblighi in tutti gli Stati membri e di aumentare la trasparenza; sottolinea che lo scambio di informazioni non dovrebbe provocare distorsioni della concorrenza;
  14. ritiene che gli accordi fiscali possano rappresentare uno strumento importante per assicurare la certezza del diritto alle imprese; deplora, tuttavia, il ricorso poco trasparente a tali accordi da parte degli Stati membri, che spiana la strada all’elusione fiscale e a una concorrenza fiscale dannosa;
  15. ritiene, inoltre, che i legislatori nazionali debbano poter avere accesso confidenziale al contenuto degli accordi fiscali conclusi, onde poter promulgare una normativa nazionale atta a evitare l’elusione fiscale;
  16. plaude alla proposta, annunciata dalla Commissione, di rendere obbligatorio lo scambio di informazioni sugli accordi fiscali transfrontalieri; ritiene che la proposta debba innanzitutto prevedere l’obbligo per gli Stati membri di informarsi reciprocamente degli accordi conclusi; è del parere che gli Stati membri debbano, inoltre, essere tenuti a informare la Commissione di detti accordi, dei principi generali su cui questi si fondano e degli esatti effetti che producono in termini di bilancio sulla base imponibile, in modo tale che la Commissione possa svolgere meglio il proprio ruolo di guardiana della concorrenza leale sul mercato interno;
  17. sottolinea che la certezza giuridica per i contribuenti, data da un comportamento delle autorità fiscali e da politiche nazionali prevedibili, dovrebbe rimanere una priorità; osserva che gli accordi e le intese fiscali non sono dannosi di per sé, ma che le autorità fiscali nazionali dovrebbero comunicare in modo chiaro e privo di ambiguità quali intese sono accettabili e quali non lo sono;
  18. condanna fermamente gli Stati membri che hanno consentito o addirittura incoraggiato le proprie autorità fiscali ad approvare accordi fiscali che hanno portato alla separazione tra imposizione fiscale e attività economica e che, di conseguenza, hanno contribuito in modo significativo all’erosione delle finanze pubbliche;
  19. invita la Commissione a ricorrere maggiormente alle norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato contro la pianificazione fiscale aggressiva; ritiene che la Commissione dovrebbe indagare su tutti i casi di accordi fiscali per verificare che non violino le norme dell’UE in materia di aiuti di Stato conferendo vantaggi fiscali selettivi ad alcune società;
  20. è preoccupato dal fatto che le riforme nazionali in alcuni Stati membri si siano tradotte in un’assegnazione insufficiente di personale e di risorse alle amministrazioni fiscali e alle autorità di controllo fiscale nazionali; si rammarica che spesso sia data priorità all’elusione fiscale su piccola scala, anziché al livello delle grandi multinazionali; invita gli Stati membri ad assicurare risorse adeguate; sottolinea che l’aumento di spesa risultante da una più appropriata assegnazione di personale e di risorse sarebbe compensato dalle entrate fiscali supplementari; osserva che i servizi fiscali elettronici pubblici possono favorire un utilizzo efficiente delle risorse umane e finanziarie;
  21. sottolinea che politiche fiscali nazionali efficaci, efficienti e legittime richiedono un corretto funzionamento delle autorità fiscali (ossia l’applicazione dovrebbe essere adeguata); sottolinea che le autorità fiscali nazionali dovrebbero scambiare informazioni sulle migliori prassi per apprendere le une dalle altre;
  22. invita gli Stati membri a migliorare la cooperazione amministrativa nell’ambito dalla tassazione diretta e indiretta e delle accise, oltre che dell’assistenza reciproca per il recupero dei crediti; riconosce l’importanza dello scambio delle migliori prassi tra Stati membri e li invita a sfruttare interamente il potenziale dei programmi Fiscalis 2014-2020 e Dogane 2014-2020;
  23. invita la Commissione a proporre, e gli Stati membri ad approvare, una posizione comune dell’UE, una più ampia serie di criteri per la definizione dei paradisi fiscali e sanzioni coordinate per le giurisdizioni non cooperative; chiede che sia redatta una lista nera di tali paradisi fiscali e paesi che provocano distorsioni della concorrenza attraverso condizioni fiscali favorevoli, compresi quelli dell’Unione, entro il 31 giugno 2015;
  24. chiede alla Commissione di offrire cooperazione e assistenza ai paesi terzi in via di sviluppo che non siano paradisi fiscali, aiutandoli ad affrontare efficacemente la frode e l’elusione fiscali;
  25. invita gli Stati membri a mettere le rispettive autorità competenti in condizioni di svolgere indagini rigorose e approfondite e a prevedere sanzioni quali la sospensione o la revoca delle licenze bancarie o di consulenza di enti finanziari, contabili, studi legali o altri consulenti finanziari dei quali sia dimostrato che hanno assistito nella commissione di frode fiscale;
  26. chiede l’introduzione di sanzioni rigorose per impedire che le società violino o eludano le norme fiscali, rifiutando di concedere finanziamenti unionali e l’accesso agli aiuti di Stato o agli appalti pubblici alle imprese fraudolente o situate in paradisi fiscali o paesi che provocano distorsioni della concorrenza attraverso condizioni fiscali favorevoli; esorta gli Stati membri a recuperare ogni genere di sostegno pubblico fornito alle imprese qualora esse siano coinvolte in violazioni delle norme fiscali dell’UE;
  27. invita tutti gli Stati membri a pubblicare una valutazione di impatto sulle loro società veicolo e costruzioni giuridiche analoghe, nonché dati che mostrino il flusso degli investimenti tramite tali entità nei rispettivi paesi; invita altresì gli Stati membri a introdurre requisiti sufficientemente solidi per tutte le entità, al fine di garantire che non sia possibile abusarne a fini fiscali;
  28. invita la Commissione a sfruttare appieno le possibilità offerte dalla legislazione in materia di aiuti di Stato per lottare contro la pianificazione fiscale aggressiva e a riconoscere che tali prassi sono fondamentalmente anticoncorrenziali e ostacolano la capacità delle PMI europee di competere in condizioni di parità;
  29. sottolinea che gli Stati membri che hanno ottenuto o chiedono di ottenere un aiuto finanziario hanno l’obbligo di adottare misure volte a rafforzare e migliorare la loro capacità di esazione e di lotta contro la frode e l’elusione fiscali; esorta la Commissione ad ampliare tale obbligo in modo da comprendere misure volte a combattere il riciclaggio, l’elusione fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva;
  30. invita gli Stati membri a sviluppare il quadro di collaborazione necessario tra amministrazioni fiscali e società civile che promuova la responsabilità sociale e la trasparenza; ritiene che tale cooperazione con i contribuenti onesti possa portare a risultati tangibili nell’identificazione, in particolare, dei nuovi tipi di frode ed evasione;
  31. chiede alla Commissione di sviluppare norme o proposte adeguate dell’UE, in collaborazione con l’OCSE, per affrontare le sfide dell’imposizione fiscale dell’economia digitale;

Promuovere un coordinamento fiscale sostenibile per una politica economica a lungo termine orientata alla crescita

  1. ricorda la richiesta del Parlamento(32) di rafforzare il quadro di governance economica; invita la Commissione e gli Stati membri a potenziare l’utilizzo del semestre europeo integrando la strategia dell’UE relativa alla perdita di gettito fiscale nei programmi nazionali annuali di crescita e stabilità e nei programmi nazionali di riforma; chiede alla Commissione di invitare gli Stati membri a elencare e descrivere nei propri programmi di riforma nazionali tutte le esenzioni fiscali concesse alle imprese;
  2. incoraggia la Commissione a elaborare un codice europeo dei contribuenti che illustri le migliori pratiche atte a migliorare la cooperazione e la fiducia tra amministrazioni fiscali e contribuenti, per garantire maggiore trasparenza sui diritti e i doveri dei contribuenti e incoraggiare una cultura del servizio;
  3. sottolinea che le raccomandazioni specifiche per paese devono essere assolutamente rispettate e seguite dagli Stati membri, soprattutto in materia di bilancio;
  4. chiede una revisione del mandato del gruppo “codice di condotta” per migliorarne l’efficacia e ottenere risultati ambiziosi, ad esempio introducendo l’obbligo di pubblicare le riduzioni delle imposte e sovvenzioni per le società; chiede al gruppo “codice di condotta”, inoltre, di fornire e pubblicare tempestivamente un quadro generale della misura in cui i paesi rispettano le raccomandazioni definite dal gruppo nella sua relazione semestrale sui progressi compiuti presentata ai ministri delle Finanze;
  5. ritiene che la misurazione quantitativa degli obiettivi macroeconomici dovrebbe essere accompagnata da indicatori qualitativi (sociali e ambientali, ad esempio) al fine di realizzare gli obiettivi a lungo termine; invita la Commissione, nell’elaborare le raccomandazioni specifiche per paese, a effettuare un’analisi approfondita delle differenze tra gli Stati membri e a concentrarsi sulle comparazioni tra Stati membri per identificare le migliori prassi fiscali nell’elaborazione delle politiche fiscali;
  6. ribadisce il suo invito alla Commissione a garantire tempo e risorse sufficienti per la definizione, la presentazione tempestiva e il seguito delle “raccomandazioni specifiche per paese” e permettere il controllo democratico da parte del Parlamento;
  7. deplora il fatto che a tutt’oggi non siano stati compiuti progressi sostanziali in ambito fiscale e delle riforme fiscali nel quadro degli impegni del patto Euro Plus; invita la Commissione a integrare pienamente il coordinamento fiscale pragmatico nel ciclo del semestre europeo quale parte di un coordinamento di politica economica più incisivo;
  8. in tale contesto, esorta gli Stati membri a semplificare i loro regimi fiscali, a modernizzare le amministrazioni fiscali e a migliorare le prestazioni in termini di gettito fiscale, tra l’altro introducendo meccanismi di riscossione efficienti, basati sulla moderna tecnologia e sostenendo nuove strategie relative alla conformità volontaria, alla valutazione dei rischi e al controllo;
  9. invita gli Stati membri a spostare l’onere fiscale dal lavoro verso altre forme di tassazione sostenibile, per assicurare che tutti i settori economici e finanziari contribuiscano in modo equo e per promuovere la crescita e la creazione di occupazione di alta qualità;
  10. esorta gli Stati membri, nell’introdurre imposte patrimoniali, a tenere in considerazione tutti gli effetti collaterali pertinenti, nella fattispecie il diritto fondamentale all’alloggio, tutelando l’abitazione principale di ciascun contribuente;
  11. invita la Commissione e gli Stati membri a riflettere su forme fiscali nuove e innovative che favoriscano la crescita e l’occupazione;
  12. sottolinea che la politica fiscale degli Stati membri in materia di imposte ambientali dovrebbe essere allineata alla strategia Europa 2020; riconosce che uno spostamento verso le imposte ambientali può generare reddito e occupazione; invita la Commissione a presentare proposte legislative adeguate;
  13. ribadisce la necessità di rivedere radicalmente il sistema delle risorse proprie dell’Unione europea; ritiene che l’assegnazione di maggiori risorse proprie, pur senza effetti sul bilancio, garantirà maggiore efficacia e autonomia alla Commissione e una maggiore trasparenza al bilancio europeo; aspetta, pertanto, con grande interesse gli esiti dei lavori del gruppo ad alto livello per le risorse proprie;
  14. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione e ai parlamenti nazionali.
———————————————————————————————————————————————–

Fonti: EU

Denis Torri




Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri UE – Denis Torri

  • Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri UE

    Le iniziative annunciate nella presente comunicazione mirano a promuovere il coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri per eliminare ostacoli fiscali quali le discriminazioni e le doppie imposizioni a livello dell’Unione europea (UE). Il coordinamento dei sistemi di imposizione diretta non armonizzati degli Stati membri mira a far sì che tali sistemi siano compatibili con il diritto comunitario e la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Due di queste iniziative riguardano i settori specifici delle tassazioni in uscita e della compensazione delle perdite transfrontaliere per le società ed i gruppi.

    ATTO

    Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale europeo – Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno

    La Commissione europea annuncia una serie di iniziative destinate a promuovere un migliore coordinamento dei sistemi nazionali di imposizione diretta nell’Unione. L’obiettivo è di garantire la conformità di questi sistemi nazionali con il diritto comunitario e assicurare una buona interazione tra di essi. Le iniziative in questione riguardano la soppressione delle discriminazioni e della doppia imposizione a beneficio dei privati e delle imprese, nonché la lotta contro la frode fiscale e la preservazione della base imponibile.

    Gli obiettivi principali di un approccio fiscale coerente e coordinato sono i seguenti:

    • soppressione delle discriminazioni e della doppia imposizione;
    • prevenzione dei casi involontari di mancata imposizione e delle frodi;
    • riduzione dei costi che comporta l’obbligo di conformarsi alle disposizioni di più sistemi fiscali.

    Parallelamente alla comunicazione suddetta, la Commissione ha adottato altre due comunicazioni, la prima sulla compensazione transfrontaliera delle perdite, la seconda sulla tassazione in uscita. Si tratta dei primi due esempi concreti di settori specifici nei quali un approccio coordinato potrebbe rivelarsi vantaggioso.

    Contesto

    La normativa comunitaria lascia agli Stati membri grande discrezionalità nella concezione dei loro sistemi di imposizione diretta, consentendo loro di adattarli in funzione di obiettivi e imperativi nazionali. Disposizioni fiscali esclusivamente o principalmente fondate su considerazioni di ordine interno possono tuttavia comportare incoerenze nel trattamento fiscale quando sono applicate in un contesto transfrontaliero. Un contribuente in situazione transfrontaliera, che si tratti di un privato o di un’impresa, può essere vittima di discriminazione o di doppia imposizione, e può succedere che debba pagare spese supplementari per conformarsi a più regolamentazioni diverse.

    L’aumento netto delle denunce presentate in questi ultimi anni dai contribuenti dinanzi ai tribunali nazionali e alla Corte di giustizia delle Comunità europee dimostra chiaramente che è necessario garantire maggiore cooperazione e coordinamento tra gli Stati membri.

    Obiettivi

    L’iniziativa della Commissione consiste nel promuovere soluzioni ai problemi comuni derivanti dalle interazioni dei numerosi sistemi fiscali esistenti nel quadro del mercato interno. Presentando questa iniziativa, la Commissione dimostra la propria volontà di aiutare gli Stati membri a definire i principi che permetteranno di mettere a punto soluzioni coordinate e di migliorare le modalità pratiche della cooperazione amministrativa.

    L’iniziativa della Commissione non mira a sostituire i sistemi fiscali nazionali con un sistema comunitario unico. Essa tenta soprattutto di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri e di migliorare il coordinamento delle loro legislazioni, per garantire il buon funzionamento di ventisette sistemi nazionali diversi nel quadro del mercato interno.

    Oltre ai settori specifici trattati nelle due comunicazioni che la accompagnano, la comunicazione suddetta copre altri aspetti dell’imposizione diretta (ritenute alla fonte, misure contro l’evasione fiscale, diritti di successione, ecc..), per le quali la Commissione ritiene che sia necessario avere un approccio coordinato.

    Coordinamento ed armonizzazione della base imponibile dell’imposta sulle società

    L’iniziativa di coordinamento dei sistemi fiscali è complementare alle iniziative legislative intraprese dalla Commissione in materia di imposizione diretta. La Commissione ritiene che il solo mezzo sistematico per lottare contro gli ostacoli fiscali persistenti con i quali si scontrano le imprese che effettuano operazioni in più di uno Stato membro è di permettere ai gruppi multinazionali di essere tassati, per tutte le loro attività nell’UE, su una base imponibile comune consolidata per l’imposta sulle società. La Commissione ha annunciato l’intenzione di presentare nel 2008 una proposta legislativa globale in vista della creazione di una base imponibile comune consolidata per l’imposta sulle società (CCCTB). La CCCTB sarà applicata tuttavia soltanto alle società che soddisferanno i criteri stabiliti a tal fine e che ne faranno richiesta. Resta necessario, in modo più generale, garantire un migliore coordinamento dei sistemi fiscali nazionali a vantaggio dei privati e delle imprese, e prevenire l’erosione della base imponibile degli Stati membri.

    SETTORI POSSIBILI DI COORDINAMENTO TRA GLI STATI MEMBRI

    In relazione con la presente comunicazione, la Commissione ha pubblicato due comunicazioni nei settori specifici delle tassazioni in uscita e della compensazione delle perdite transfrontaliere per le società ed i gruppi.

    Tassazione in uscita

    Il settore delle tassazioni in uscita riguarda in particolare le tasse sui trasferimenti di attivi in un altro Stato membro. Nella comunicazione sulla tassazione in uscita, che riguarda la fiscalità dei privati e delle imprese, la Commissione formula delle proposte sul modo in cui gli Stati membri potrebbero coordinare la loro azione per eliminare la discriminazione o la doppia imposizione.

    Compensazione delle perdite transfrontaliere

    In mancanza di una compensazione delle perdite transfrontaliere per le società ed i gruppi, gli utili e le perdite di tali società e gruppi rischiano di essere ripartiti su diversi paesi. Pertanto la compensazione delle perdite delle società e dei gruppi è limitata agli utili realizzati nello Stato membro nel quale è stato effettuato l’investimento. Di conseguenza, i gruppi e le società rischiano di pagare imposte su una base imponibile che supera la totalità dei loro risultati a livello dell’UE. Questa situazione determina altresì un calo della competitività. Per questa ragione la Commissione propone un approccio coordinato degli Stati membri in questo settore.

    Fonte: UE

  • Denis Torri 



Il successo delle Pmi italiane nel commercio internazionale

Il successo delle Pmi italiane nel commercio internazionale

La presenza della piccola e media imprese italiane (PMI) nelle moderne economie industriali non è più considerata come un fenomeno residuale destinato a coprire gli spazi operativi lasciati liberi dalla grande azienda.

Secondo i sostenitori della teoria dello sviluppo, infatti, i percorsi evolutivi delle imprese si incentravano tutti sull’accrescimento delle dimensioni aziendali, come soluzione senza alternative nel processo di selezione economica e di mercato.
In verità non vi è l’abbattimento di un mito, la grande impresa, e la sostituzione di questo con un altro, ovvero la PMI: piuttosto la prefigurazione di uno schema di sistema economico ed industriale in cui convivono dimensioni aziendali diverse, non sempre e necessariamente in una definita posizione di subordinazione che poggia sul parametro dimensionale, che in varie forme e combinazioni realizzano i processi di trasformazione e di scambio di beni e servizi.

Se poi l’impresa, sia grande che minore, decide di espandere la propria attività di interscambio al di fuori dei confini nazionali deve programmare attentamente tale decisione strategica, tenendo conto:

  • dei fattori
  • delle motivazioni
  • delle difficoltà che l’attività esportativa comporta.

I fattori strutturali e strategici

L’attivazione e lo sviluppo delle correnti esportative traggono origine dall’esistenza combinata di una pluralità di fattori, che ne costituiscono la premessa e ne assicurano forza propulsiva.

Tali fattori possono essere essenzialmente di due tipi:

  • strutturali;
  • strategici e di management.

Fattori che condizionano il processo di internazionalizzazione delle imprese

Variabili strutturali:

  • Condizioni di ingresso in un mercato estero
  • Struttura competitiva del mercato estero
  • Fattori macro-ambientali e variabili congiunturali
  • Struttura competitiva del mercato di origine

Opzioni strategiche

  • Obiettivi d’impresa
  • Risorse disponibili forze/debolezze vantaggi competitivi
  • Cultura e clima organizzativo d’impresa
  • Processo di selezione della combinazione paese-prodotti

Le prospettive per avere successo nell’esportazione dei prodotti dipendono non solo dalla disponibilità di idonei fattori strutturali, ma anche dall’individuazione di adeguate strategie che guidano l’azione di penetrazione, nonché da risorse e competenze manageriali adatte a gestire le strategie fissate.

I punti di forza su cui possono contare le imprese spesso costituiscono fattori oggettivi di successo potenziale, ma perché questo diventi realtà è necessario identificare percorsi strategici precisi, in modo che i punti di forza vengano impiegati in maniera coerente con gli obiettivi fissati, e che la gestione della strategia sia affidata ad un management che abbia professionalità e la mentalità giusta per orientarsi nella complessa realtà dei mercati internazionali.

Inoltre le condizioni per la penetrazione e la conquista dei mercati esteri si complicano enormemente per l’intervento di una serie di circostanze che in genere sono assenti nei mercati nazionali; infatti il processo di internazionalizzazione delle PMI è sottoposto a vincoli ed impedimenti di diversa natura, la cui incidenza può essere più o meno significativa a seconda del tipo d’impresa, della nazione d’origine e di quella di destinazione.

Le motivazioni attive e reattive

Le motivazioni delle PMI all’espansione internazionale non sono solo di natura oggettiva, ma anche soggettiva; quest’ultime, infatti, intervenendo nella valutazione del processo d’internazionalizzazione, sia in termini di vantaggi che di vincoli ed impedimenti, determinano la diversificazione fra grande impresa e PMI. Infatti, mentre nella prima la decisione finale sintetizza le diverse e numerose valutazioni individuali garantendo così una certa oggettività, nelle seconde sono le motivazioni del singolo imprenditore a svolgere un ruolo fondamentale con il rischio che questi pecchi di un eccesso di soggettivismo.

Questo elemento soggettivo non è detto che provochi esclusivamente delle conseguenze negative: l’impresa che mira ad acquisire una maggiore dimensione internazionale per appagare un proprio desiderio di prestigio sa che arricchendo la propria esperienza può acquisire ulteriori conoscenze di natura tecnologica, di marketing e di gestione generale, accrescendo così allo stesso tempo anche la propria forza competitiva.

Quelle PMI italiane che sfruttando la propria specializzazione o la capacità di apportare innovazioni tecnologiche sono riuscite a rivestire una posizione di leadership nei mercati esteri vengono mosse da motivazioni attive che le hanno portate ad espandersi negli spazi liberi di mercato. Viceversa le aziende di piccole e medie dimensioni, che operano in ambienti economici caratterizzati da intensi fenomeni d’imitazione, e quindi dove non prevale la specializzazione, assumono il più delle volte un atteggiamento reattivo e puntano su una maggiore diversificazione, operando su segmenti di mercato che erano stati precedentemente trascurati.

I rischi del commercio con l’estero

Fabbisogno cognitivo delle PMI

  1. Diversità del sistema bancario
  2. Diversità di legislazione e di normative nella regolamentazione dei rapporti commerciali
  3. Diversità di regime doganale e valutario
  4. Diversità di usi e consuetudini commerciali
  5. Diversità di cultura, lingua, costumi
  6. Possibilità di incorrere in rischi aggiuntivi dovuti alla diversità di moneta
  7. Diverso significato dato ai termini commerciali in uso
  8. Maggior impegno assorbito dai trasporti e dai trasferimenti sia dei beni che dei servizi e dei mezzi finanziari
  9. Maggior difficoltà nel raccogliere tutte le informazioni necessarie ad una buona conoscenza del mercato in cui si intende operare
  10. Rischio Paese (rischio di trasferimento valutario)

In generale anche se è innegabile che la stabilizzazione nei mercati internazionali costituisce per le PMI una ghiotta occasione di sviluppo non si devono affatto dimenticare le difficoltà che incontra un’azienda nell’affrontare i mercati esteri.

I diversi tipi di difficoltà, ovvero ostacoli, vincoli e rischi, comportano per l’impresa maggiori costi aziendali e mancati profitti di fine esercizio; questo stato di fatto compromette sensibilmente lo sviluppo all’estero in forme stabili e consolidate.

L’espansione internazionale delle PMI necessita comunque di sufficienti risorse gestionali, organizzative e finanziarie; se queste non sono presenti all’interno dell’azienda, né acquisibili mediante l’azione di organismi esterni d’assistenza e promozione all’export, le imprese che intendano esportare devono far ricorso a forme di cooperazione interaziendale mono e plurisettoriale.

Fonte: nwmercati

Denis Torri