Firmato accordo libero scambio USA PACIFICO – TPP

E’ nato il più grande accordo di libero scambio della storia recente. Il Trans-Pacific Partnership coinvolge mercati che rappresentano complessivamente il 40% del Pil globale e 12 paesi. E’ una vittoria per Barack Obama, che ne aveva fatto una priorità nel suo secondo mandato elettorale alla Casa Bianca. Ma l’accordo avrà anche ripercussioni importanti per l’economia mondiale, perché cambierà le regole internazionali sulla tutela dei lavoratori, dell’ambiente, della concorrenza e dell’e-commerce. Ecco tutto quello che dovete sapere.

Che cos’è il Tpp:

E’ un accordo di libero scambio che abolisce dazi e barriere commerciali, promuovendo una maggiore integrazione dei mercati tra i paesi coinvolti. L’intesa, dopo mesi di negoziati, è stata raggiunta ieri ad Atlanta, in Georgia, dopo un ultimo round di colloqui che si è protratto per cinque giorni. Il testo integrale dell’accordo sarà reso pubblico solo nelle prossime settimane, ma se ne conoscono già alcuni capisaldi: liberalizzerà i mercati agroalimentari e ridurrà progressivamente migliaia di dazi e barriere all’interscambio. Oggetto delle dispute più accese sono state la protezione dei brevetti farmaceutici, le svalutazioni che possono influenzare le vendite sul settore automobilistico e le frontiere di Internet. Se sarà ratificato sarà l’accordo più importante della storia americana dal 1994, quando nacque il Nafta (l’area di libero scambio del Nordamerica).

 I paesi coinvolti:

Il Tpp è la spina dorsale della «svolta asiatica» di Barack Obama. Non si tratta, infatti, di un accordo con finalità esclusivamente commerciali: è un patto strategico per contenere l’influenza della Cina oltre i suoi confini, soprattutto ora che è impegnata a sviluppare un proprio patto economico asiatico con la recente nascita dell’Aiib, la banca per le infrastrutture e lo sviluppo dell’Asia, della quale detiene il 30% delle quote. Pechino, infatti, è la grande esclusa dell’accordo perché il Tpp è stato stipulato da Stati Uniti, Giappone, Australia, Brunei, Canada, Cile, Malaysia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. L’intesa raggiunta è dunque un significativo risultato economico e politico per la presidenza americana, e soprattutto per Barack Obama che l’aveva definita una priorità del suo secondo mandato alla Casa Bianca.

Cosa ci guadagnano gli Usa:

L’accordo del Pacifico si propone di sostenere e supportare l’export del made in Usa e creare nuovi posti di lavoro qualificati in territorio statunitense. Elimina oltre 18.000 tasse – sotto forma di tariffe – sui prodotti americani, aiutando le esportazioni: cancella tariffe che arrivavano al 70% nell’auto, al 59% sui macchinari, al 40% su pollame e frutta e al 35% sulla soia. Canada e Giappone, tanto per fare un esempio, hanno accettato anche la riduzione delle barriere all’ingresso dei derivati del latte provenienti dall’America. Un colpaccio per l’industria americana, tanto che l’associazione delle aziende internazionali con attività negli Stati Uniti, la Ofii, ha salutato la nascita del Tpp con evidente entusiasmo, annunciando la creazione di 233.000 nuovi impieghi legati a investimenti diretti esteri negli Usa, che potrebbero lievitare di 20 miliardi nei prossimi anni. L’accordo sarà verosimilmente un volano per l’economia americana, i cui fondamentali economici raccontano già di una ripresa lanciata verso la crescita del Pil.

 L’alleanza strategica col Giappone:

Stati Uniti e Giappone non hanno mai stretto un accordo commerciale bilaterale, ma il Tpp è un trampolino verso l’integrazione delle due economie. Quando il Giappone è entrato nei negoziati nel 2013, ha avviato delle trattative separate con gli Usa relative ad alcuni settori specifici come il commercio di automobili, del riso e della carne di manzo. De facto il trattato è un accordo di libero scambio tra due delle tre principali potenze economiche mondiali, che potrebbe portare col passare del tempo all’eliminazione totale delle barriere commerciali tra i due paesi. Si tratta di un passo importante per il Giappone, che rischia di entrare in una fase di recessione tecnica, e per Shinzo Abe in particolare, che sta vedendo vacillare la sua Abenomics.

Un passo avanti per la tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori (?):

L’accordo prevede anche degli «standard di produzione industriale più elevati», come ha ricordato Obama la settimana scorsa all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, e mira a migliorare le normativa internazionale a tutela dell’ambiente e dei lavoratori. Il Tpp rende obbligatori infatti gli impegni per il rispetto degli standard ambientali, prevedendo delle sanzioni commerciali in caso di violazione delle norme pattuite. Gli ambientalisti restano scettici, ma stando a quanto finora è di pubblico dominio il trattato imporrebbe un grande cambiamento in paesi come la Malesia e il Vietnam, dove manca quasi del tutto il rispetto degli standard dell’Organizzazione mondiale del lavoro. Ai paesi membri è inoltre richiesta l’introduzione di un salario minimo, ove non presente, e la garanzia di una maggiore libertà di organizzazione sindacale per tutti i lavoratori nazionali.

Fonte: TPP

Denis Torri