INVESTIRE IN CANADA

Canada – Informazioni Generali

Il Canada è il secondo Paese più esteso al mondo, è suddiviso in 10 Province (British Columbia, Alberta, Saskatchewan, Manitoba, Ontario, Quebec, New Brunswick, Nova Scotia, Prince Edward Island, Terranova e Labrador) e 3 Territori (Yukon, Territori del Nord-Ovest, Nunavut) situati all’estremo nord.

Superficie: 9.093.507 Kmq (7% terreno agricolo; 46% foreste).

Popolazione : 35.5 milioni (2014).

Città metropolitane (2013)

Toronto: 5.959

Montreal: 3.981

Vancouver: 2.443

Calgary: 1.364

Ottawa (capitale): 1.305a

Edmonton: 1.289

Quebec: 792

Winnipeg: 771

Hamilton: 758

Kitchener: 504

London: 499

St Catharines-Niagara: 405

inclusa la conurbazione del Gatineau

Canada – Prospettive future

Per il periodo 2015-2019:

  • il Partito Conservatore del Canada alla guida del governo, gode di un leggero vantaggio nei sondaggi elettorali previste per ottobre 2015. I liberali, sotto la guida carismatica di Justin Trudeau, sono nella posizione migliore per contrastare i conservatori;
  • le priorità politiche comprenderanno il raggiungimento di un avanzo di bilancio, principalmente attraverso il contenimento della spesa pubblica, la promozione di progetti energetici, l’espansione del commercio con investimenti per ridurre la dipendenza dal mercato statunitense;
  • il governo federale prevede un avanzo di bilancio per l’anno fiscale 2015 (aprile-marzo). Anche se i conti provinciali sono meno stabili, in generale il disavanzo pubblico dovrebbe ridursi nel periodo 2016-2019;
  • gli economisti non prevedono che la Banca centrale del Canada (BOC) operi un taglio del tasso ufficiale di sconto nel corso del 2015, ma la decisione potrebbe essere presa nel 2016;
  • per il 2015, gli economisti hanno ridotto la previsione di crescita del PIL reale all’ 1,7% dal 2%, perché nel primo trimestre del 2015 si è registrato un rallentamento economico più grave del previsto. L’EIU prevede una la crescita media del 2,3% nel periodo 2016-2019;
  • Si attende che il Dollaro canadese continui a indebolirsi fino alla metà del 2016, a causa del calo del prezzo del petrolio, per poi rafforzarsi a C$1,13 su 1 dollaro entro il 2019.

 Canada – Settori produttivi

Il Canada, insieme agli Stati Uniti, è uno dei paesi economicamente più sviluppati del mondo e il suo PIL è in costante crescita da molti anni. Tutti i settori dell’economia, il primario, il secondario e il terziario sono attivi e produttivi anche grazie alla ricchezza di risorse naturali, presenti sia sul suolo che nel sottosuolo. Le attività economiche, come la popolazione, si concentrano nella fascia meridionale del paese, mentre la parte settentrionale è quasi spopolata a causa delle condizioni ambientali inospitali.

L’agricoltura occupa solo il 3% della forza lavoro ma in compenso ha un alto livello di produttività grazie alla elevata meccanizzazione e specializzazione. Le colture principali sono quelle di orzo, frumento, mais, avena, soia e olio di colza mentre nelle aree più temperate è diffusa anche la coltivazione di alberi da frutta. Molto praticato è l’allevamento, soprattutto di bovini e suini. Importante è il settore della pesca che si svolge nell’Oceano Atlantico, ricco di merluzzi e di crostacei ma anche nel più caldo Pacifico dove abbondano i salmoni. Nei fiumi canadesi si pescano invece storioni e trote. La foresta, che ricopre circa la metà del territorio, rappresenta un’enorme risorsa economica in quanto fornisce legname, esportato in tutto il mondo e carta.

Il sottosuolo canadese è ricchissimo di risorse minerarie quali uranio, zinco, metano, nichel, rame, zolfo ed oro; ingenti sono anche le fonti energetiche come gas e petrolio. Ampiamente sfruttate sono inoltre le immense disponibilità idriche dalle quali si ricavano grandi quantità di energia idroelettrica che costituisce il 60% della produzione nazionale. Tale energia alimenta un’industria molto sviluppata che si concentra nella zona dei Grandi Laghi e del fiume San Lorenzo. Le produzioni spaziano da quelle tradizionali dei settori metallurgico, chimico, petrolchimico, alimentare e automobilistico a quelle della tecnologia più avanzata come l’elettronica, l’informatica, l’aerospaziale, le biotecnologie e le telecomunicazioni. Un posto di un certo rilievo occupa anche l’industria cinematografica e televisiva ubicata nella città di Vancouver.

Il settore terziario, che impiega circa il 70% della forza lavoro, è in continua espansione; il Canada infatti è uno dei poli del commercio mondiale e negli ultimi anni ha intensificato i suoi scambi con l’Estremo Oriente e L’America latina.  Il sistema dei trasporti si basa su due grandi linee ferroviarie che collegano le coste del Pacifico con quelle atlantiche e su una rete di idrovie, costituite da fiumi, laghi e canali navigabili. Si avvantaggiano del potente terziario il settore delle comunicazioni, dell’informazione e della finanza ma anche il comparto turistico, nazionale e internazionale, diretto soprattutto verso i grandi parchi naturali e la zona dei laghi.

Canada – Interscambio con l’Italia

Il Canada e l’Italia hanno forti relazioni commerciali. Il potenziale più grande risiede proprio nello sviluppo degli investimenti bilaterali e nei partenariati nei settori dell’innovazione e della tecnologia.

Nel 2013, il commercio bilaterale tra Canada e Italia ha registrato un incremento del 12.2% rispetto all’anno precedente per un totale di circa 7.8 miliardi di dollari canadesi, collocando l’Italia al nono posto fra i maggiori partner commerciali del Canada.

Nel 2013, l’esportazione di merci verso l’Italia è aumentata del 14.3%, pari a circa 2 miliardi di dollari canadesi.  Nel 2014 le esportazioni del Canada verso l’Italia hanno registrato un forte incremento rispetto all’anno precedente, oltre il 140% in più nel periodo tra gennaio e novembre, classificando l’Italia al settimo posto tra i più grandi mercati d’esportazione canadese nei primi undici mesi del 2014 (dal 15esimo posto per l’intero anno 2013).

Anche le importazioni canadesi dall’Italia sono aumentate dell’11.6% per un totale di 5.8 miliardi di dollari canadesi nel 2013. Nel 2014 la crescita è continuata grazie all’aumento di oltre il 10% delle importazioni di merci dall’Italia rispetto al periodo gennaio-novembre dell’anno precedente. Fra i tre prodotti maggiormente importati troviamo macchinari, bevande e prodotti farmaceutici , che costituiscono il 43.2% delle importazioni totali dall’Italia nel 2013. Nello stesso anno l’Italia si è classificata dodicesima nel mondo e sesta in Europa tra i paesi di provenienza delle importazioni, compresi beni e servizi, verso il Canada.

Nel 2013, gli investimenti diretti esteri  italiani in Canada  ammontavano a 1.14 miliardi di dollari canadesi, classificando l’Italia al 21esimo posto tra le maggiori fonti d’investimento in Canada. I titoli degli investimenti diretti esteri canadesi  in Italia (CDIA) sono aumentati dai 361 milioni di dollari canadesi nel 2011 ai $487 milioni alla fine del 2013. L’Italia si è classificata al 42esimo posto tra tutti i paesi destinatari dei titoli degli investimenti canadesi all’estero. Per quanto riguarda i destinatari europei dei CDIA, l’Italia è al 16esimo posto.

Sia il Governo italiano sia quello canadese riconoscono l’importanza di partenariati nei settori della scienza, tecnologia e innovazione come leve per la prosperità. Tale riconoscimento ha dato vita a Tavolo Canada, un’iniziativa di grande successo che coinvolge i ministeri degli affari esteri e del commercio. Questo programma congiunto per promuovere partenariati per l’innovazione e la ricerca tra il Canada e l’Italia in settori prioritari ha stimolato con grande successo negli ultimi cinque anni nuovi contatti e progetti congiunti in materia di ricerca e sviluppo tra i principali istituti di ricerca, università, imprese innovative e tra laboratori di ricerca, pubblici e privati, in sei settori prioritari prestabiliti. Le aree d’interesse sono scienze della salute e della vita, tecnologie verdi, tecnologie marine, agroalimentare, nuovi materiali per il trasporto, tecnologie della comunicazione e informazione.

CETA (Comprehensive Economic & Trade Agreement) un’opportunità per l’Italia

Lo scambio tra i due paesi si è infittito negli ultimi anni, passando dai 3,8 miliardi del 2010 ai 4,6 miliardi di euro nel 2013, con un saldo positivo per l’Italia di circa 1,4 miliardi. Sulla carta l’accordo CETA potrebbe rappresentare per l’Italia, se puntualmente sfruttato, una grande opportunità soprattutto per il settore agroalimentare che attualmente costituisce il 16% delle esportazioni verso il Canada: grazie alla presenza di 1,5 milioni di italo-canadesi il ‘food’ Made in Italy è particolarmente apprezzato e l’agroalimentare italiano è il primo tra gli europei in termini di export. Il CETA inoltre permetterebbe di far godere dello status speciale a 41 prodotti agricoli italiani con l’indicazione geografica protetta, risolvendo non pochi problemi agli imprenditori italiani. Non solo agribusiness, anche tanta innovazione tecnologica.

L’industria Canadese ha un know how tecnologico molto simile a quello italiano, il che potrebbe costituire una solida base per l’avvio, o il consolidamento, di partnership industriali concentrate soprattutto nell’alta velocità.

Investire in Canada

  1. Economia solida e in crescita – Il Canada è un Paese stabile a livello economico, in netta crescita anche nei prossimi anni per quanto riguarda stime su PIL (+2,1% nel 2017) e reddito pro capite (attualmente all’ottavo posto mondiale). Ha retto benissimo alla crisi globale del 2007 e mantiene eccellenti rapporti commerciali con gli Stati Uniti, che nel 2015 hanno assorbito il 77% dell’export canadese. Anche le stime sulle importazioni sono positive: nel 2016 il tasso di variazione rispetto al 2015 si è attestato al +8.5% del totale importato in valore (372 miliardi di euro) e le previsioni per il prossimo triennio sono ancora in crescita.
  2. Il Made in Italy che piace – Il dato più rilevante riguarda la crescita esponenziale delle esportazioni italiane verso il Canada nell’ultimo quinquennio (+18,8%). Le previsioni SACE seguono questa linea, con un incremento nel prossimo triennio pari al +8,5% (circa 3,8 miliardi di €). Ciò dimostra il successo del Made in Italy in Canada, dove risiedono circa 1,5 milioni di italiani che hanno contribuito e contribuiscono in maniera significativa al successo e alla crescita economica del Paese. La presenza italiana, al contrario di quello che si può pensare, non riguarda soltanto la parte “europea” e francofona del Québec, ma anche quella anglofona dell’Ontario.
  3. Punto strategico – Il Canada (e precisamente la regione dell’Ontario) è anche un punto strategico, poiché si trova a circa 700km dalle città più importanti del Nord America (New York, Boston e Chicago per citarne alcune). Inoltre la città di Toronto conta su rotte aeree giornaliere per tutti i Paesi più importanti del mondo e il Pearson è tra i 50 migliori aeroporti del mondo secondo World Airport Awards.
  4. L’Ontario come la Silicon Valley – Avete letto bene, per quanto riguarda innovazione e R&D la regione dell’Ontario è al secondo posto dopo la Silicon Valley in California per valore degli investimenti. Questa crescita esponenziale sta attirando negli ultimi anni tantissimi talenti dal mondo dell’ITC, facendo del Canada una delle mete più ambite per gli esperti del settore. Ciò viene confermato dai dati di INFOTECH, secondo cui gli occupati nel settore IT in Canada durante il 2016 sono stati 270.000, mentre 18.000 sono attualmente le compagnie attive, $3.18 miliardi gli investimenti in R&D nell’ultimo anno e ben 30.000 i nuovi laureati ogni anno nei college dell’Ontario in matematica, ingegneria e scienze.
  5. Costi ridotti ed euro forte – Collegato al punto precedente è il fattore decisivo che può far scegliere l’Ontario come base strategica della propria azienda in Nord America, vista la vicinanza geografica con uno dei poli economici più importanti del mondo. Ovviamente diventa difficile per le imprese Italiane lavorare con un fuso orario di 6 ore, quindi perché non investire per una presenza fissa sul mercato nordamericano? La tassazione media in Ontario è di circa il 26,5%, mentre nei Paesi del G20 è del 29,9% e negli Stati Uniti arriva al 39,2%. Ma i costi sono ridotti anche in altri campi, come quello dell’ assistenza medica (costa la metà rispetto agli USA) e tutti quelli correlati al lavoro e alla proprietà. Non per ultimo è il valore (forte) dell’euro rispetto al dollaro canadese (1€ = 1.46CAD), che favorisce la capacità d’ investimento, ma occhio alla valuta in cui si ricevono pagamenti! (Il dollaro canadese è di per sé una moneta abbastanza instabile).
  6. Trasparenza e velocità burocratica – Mediamente si impiega meno di una settimana per aprire una nuova impresa in Canada, è molto semplice e c’è chiarezza e trasparenza a livello burocratico. Inoltre la politica degli ultimi anni è proiettata verso un’attrazione continua di investimenti, attraverso agevolazioni per le imprese nei vari territori in cui si decide di aprire la propria centrale operativa.
  7. Un Paese multiculturale – Il Canada è un Paese formato da tanti piccoli mercati: basta guardare alle etnie presenti per accorgersi di questa importante caratteristica. Sui 35 milioni di abitanti i canadesi sono 10 milioni, seguiti da inglesi (6,5 milioni), francesi (5 milioni), scozzesi (4,7 milioni), irlandesi (4,3 milioni), tedeschi (3,2 milioni), italiani (1,4 milioni) e cinesi (1,4 milioni). In crescita le comunità di portoghesi, indiani e nordafricani, anche perché il Canada sta recentemente adottando politiche favorevoli all’immigrazione. Secondo le stime, la GTA (Great Toronto Area) aumenterà la popolazione del 50% entro il 2036, arrivando a superare i 9 milioni di abitanti.
  8. In Canada la qualità della vita è elevata – Nota che ha a che fare con la vivibilità, il grado di civiltà e l’assenza di corruzione che caratterizzano questo Paese. Non a caso l’Economist classifica Vancouver tra le città al primo posto per qualità della vita, seguita da Toronto al 4° posto. Tale classifica prende in considerazione vari elementi, come la presenza e l’efficienza dei servizi, i rischi personali dei cittadini e lo sviluppo infrastrutturale.

Fonti: M.ESTERI . EXPORTIA, Canada; EU

Denis Torri




Italia e Svizzera: nuovo accordo sullo scambio di informazioni fiscali

Nuovo accordo tra Italia e Svizzera sullo scambio di informazioni fiscali, in vigore dal 2 marzo.

Italia e Svizzera hanno concluso un Accordo, in vigore dal 2 Marzo 2017, per rendere operativo lo scambio di informazioni a fini fiscali attraverso “richieste di gruppo” in base all’articolo 27 della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra l’Italia e la Svizzera, che definisce le modalità operative per una specifica categoria di “richieste di gruppo” ammissibili, questo l’annuncio del Mef in un comunicato del 14/03/2017.

Il nuovo accordo rappresenta un ulteriore importante elemento di collaborazione tra i due paesi verso l’obiettivo di una maggiore trasparenza fiscale, a seguito dell’entrata in vigore (il 13 luglio 2016) del Protocollo di modifica della Convenzione per evitare le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera, che ha allineato lo scambio di informazioni tra i due paesi al più recente standard dell’OCSE.

Le richieste di gruppo potranno riferirsi a fatti e/o circostanze esistenti o realizzate a partire dal 23 febbraio 2015 (data di firma del Protocollo) e – in linea con lo standard OCSE – riguarderanno gruppi di contribuenti identificabili in base a determinati schemi di comportamento, senza necessità di elencazione nominativa nella richiesta.

I contribuenti interessati sono i “contribuenti recalcitranti”, cioè i clienti italiani a cui è stato richiesto dai propri istituti finanziari ma hanno rifiutato di fornire adeguate rassicurazioni sulla regolarità dei fondi depositati presso le istituzioni finanziarie svizzere interessate. Le richieste di gruppo generano elenchi nominativi in risposta, che potranno dare origine ad ulteriori richieste di informazioni più dettagliate. Le Autorità competenti dei due paesi intendono continuare la proficua collaborazione per rendere operative le richieste di gruppo anche sui conti chiusi e quelli “sostanzialmente chiusi” di pertinenza di clienti italiani.

L’iniziativa è in linea con l’evoluzione del quadro di cooperazione internazionale per la trasparenza fiscale, che include lo scambio automatico di informazioni finanziarie a fini fiscali. Lo scambio automatico consentirà all’Italia di ricevere in via continuativa, a partire da settembre 2017, le informazioni nominative su italiani con disponibilità finanziarie presso un ampio numero di paesi, compresi i maggiori centri finanziari.

In tale rinnovato contesto, la recente riapertura dei termini della Voluntary Disclosure rappresenta un’importante opportunità per i contribuenti italiani che intendono regolarizzare la propria posizione fiscale con riguardo alle attività detenute all’estero in violazione delle norme fiscali.

Fonti: EU, CH

Denis Torri




Residenza trasferita in Italia 2017: flat tax solo sui redditi esteri

Gli stranieri che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia possono pagare un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero pari a 100.000 euro

Gli stranieri che trasferiscono la loro residenza fiscale in Italia possono beneficiare di un una imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero. A chiarire le modalità di funzionamento è arrivato un Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, seguito da un comunicato stampa con chiarimenti.

In particolare, l’articolo 1, comma 152, della Legge di bilancio 2017 ha inserito nel TUIR l’articolo 24-bis che favorisce gli investimenti, i consumi ed il radicamento di nuclei familiari ed individui ad alto potenziale in Italia da parte di soggetti non residenti, prevedendo un regime fiscale speciale riservato alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale nel territorio dello Stato purché non siano state residenti in Italia, in almeno nove dei dieci periodi d’imposta che precedono l’inizio del periodo di validità dell’opzione. Il regime è opzionale e consente di versare un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche relativamente ai redditi prodotti all’estero (fatta eccezione per le plusvalenze da cessioni di partecipazioni qualificate in soggetti esteri, realizzate entro cinque anni dal trasferimento in Italia).

L’opzione prevede il pagamento di un’imposta forfettaria di 100mila euro per ciascun periodo d’imposta per cui viene esercitata, al fine di attrarre ed incentivare il trasferimento della residenza nel nostro Paese degli High net worth individual, ossia delle persone con un alto patrimonio. I contribuenti in possesso dei requisiti possono aderire al nuovo regime nel momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, riferita al periodo d’imposta in cui è stata trasferita la residenza fiscale in Italia o in quello immediatamente successivo. Il regime forfettario può essere esteso anche ad uno o più familiari in possesso dei requisiti, attraverso una specifica indicazione nella dichiarazione dei redditi riferita al periodo d’imposta in cui il familiaretrasferisce la residenza fiscale in Italia o in quella successiva. In questo caso, l’imposta sostitutiva è pari a 25mila euro per ciascuno dei familiari ai quali sono estesi gli effetti della stessa opzione.

Il versamento dell’imposta sostitutiva, nella misura di 100mila euro, deve essere effettuato in un’unica soluzione, per ciascun periodo di imposta di efficacia del regime, entro la data prevista per il versamento del saldo delle imposte sui redditi.

Attenzione: nel comunicato stampa del 9 marzo 2017, l’Agenzia ha chiarito che “i soggetti che intendono trasferire la loro residenza fiscale in Italia, aderendo all’opzione prevista dall’art 24-bis del TUIR, pagheranno un’imposta di 100mila euro esclusivamente sui redditi prodotti all’estero. Per i redditi prodotti in Italia dai neo residenti si applicano le aliquote ordinarie previste nel nostro Paese.”

Fonti:  EU, AE

Denis Torri




Rimpatriati e regime fiscale agevolato: soggetti beneficiari e 730/2017

Lavoratori rimpatriati: chi sono i soggetti beneficiari dell’agevolazione

Nota Sintetica:

Il  Decreto del MEF del 26.05.2016 pubblicato in GU dell’ 8 giugno ha individuato le categorie dei soggetti beneficiari delle agevolazioni fiscali previste per i lavoratori rimpatriati (art. 16 del D.Lgs n. 147/2015).
A decorrere dall’anno 2016, per il periodo d’imposta del predetto trasferimento e per i quattro successivi, per tali soggetti il reddito di lavoro dipendente prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 70% del suo ammontare (è dunque detassato del 30 per cento a fini IRPEF) al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • a) i lavoratori non devono essere stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanere in Italia per almeno due anni;a
  • b) l’attività  lavorativa deve essere svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
  • c) l’attività  lavorativa è prestata nel territorio italiano per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo d’imposta;
  • d) i lavoratori svolgono funzioni direttive e/o sono in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dai decreti legislativi 28 giugno 2012, n. 108, e 6 novembre 2007, n. 206.

Sono inoltre destinatari delle stesse agevolazioni:

  • a) i cittadini dell’Unione europea, in possesso di un titolo di laurea che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più;
  • b) i cittadini dell’Unione europea che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

Si ricorda che il decreto in questione fa seguito al Provvedimento del 29.03.2016 n. 46244 con il quale l’Agenzia ha già indicato le modalità operative per fruire del regime fiscale speciale destinato ai lavoratori “impatriati”.

Il decreto  Milleproroghe ha spostato  al 30 aprile 2017 il termine entro cui i lavoratori rimpatriati entro il 31 dicembre 2015, possono scegliere  il regime agevolativo previsto dalla legge 238/2010  per tutto il 2017.

L’agevolazione se riconosciuta dal datore di lavoro verrà indicata nella  CU 2017  al punto 469, dove troveranno posto l’ammontare delle somme che non hanno concorso a formare il reddito imponibile (30% della somma erogata).

Nella ipotesi in cui il datore di lavoro,sostituto, non abbia previsto l’abbattimento del 30% dell’imponibile, nelle annotazioni, deve riportare tali somme in modo da consentire al contribuente di fruire dell’agevolazione in sede di dichiarazione dei redditi.
In questo caso, nel modello 730/2017 sarà necessario compilare la casella “Casi Particolari”, posta nella sezione I del quadro C e nei righi da C1 a C3 dovrà essere riportato il valore del reddito di lavoro dipendente abbattuto al 70%.

 

Fonti:  Mef. Fiscotasse; EU

 

Denis Torri




La reflazione si rafforza

I dati economici mondiali riferiti al mese scorso hanno confermato che è in atto una reflazione, perlomeno nel mondo industrializzato. L’indice CPI mondiale è cresciuto del 2% alla fine del 2016 e prevediamo un’ulteriore accelerazione quest’anno. I dati più recenti per il trimestre in corso indicano un aumento su base annua di poco superiore al 3%, ma ci aspettiamo un allentamento delle pressioni al rialzo nel corso dell’anno. L’impennata si deve alla trasmissione ritardata dell’incremento dei prezzi energetici e agricoli sul finire del 2016, ma tale effetto scemerà nei mesi a venire grazie alla stabilizzazione delle materie prime. Il rialzo dei prezzi al consumo riduce tuttavia il potere d’acquisto delle famiglie, frenando la crescita. Un chiaro esempio ne sono gli Stati Uniti, dove un sostenuto aumento dell’inflazione ha determinato un declino dello 0,3% m/m dei consumi reali a gennaio (dati J.P. Morgan).

Il riaffacciarsi della reflazione ha obbligato i banchieri centrali a cambiare registro: durante l’appuntamento semestrale di fronte al Committee on Banking, Housing, and Urban Affairs del Senato americano, la Presidente della Fed Janet Yellen ha indicato, come ampiamente atteso, che il FOMC è pronto a innalzare i tassi nel corso delle prossime riunioni. La sorpresa al rialzo del CPI di gennaio, salito del 2,5% a/a, e i robusti dati sul mercato del lavoro hanno reso più probabile una stretta sui tassi nel prossimo futuro. Riteniamo tuttavia che il prossimo aumento arriverà verosimilmente a maggio. In primo luogo, sulle decisioni della Fed pesa l’incertezza politica circa l’agenda dell’amministrazione Trump. Aspettare qualche mese potrebbe dare all’esecutivo la possibilità di fare chiarezza sui propri piani in materia fiscale e di infrastrutture. La recente propensione del FOMC a preparare i mercati a una svolta suggerisce inoltre che un rialzo a marzo potrebbe essere prematuro, e che la riunione potrebbe rappresentare invece una buona occasione preparatoria.

Gli ultimi dati provenienti dall’euro area mostrano che la ripresa ha finalmente acquistato vigore. A febbraio gli indici PMI hanno raggiunto i massimi degli ultimi sei anni, lasciando presagire una crescita del PIL superiore al 2% nel 2017. L’inflazione a gennaio ha sorpreso i mercati al rialzo e continuerà probabilmente a salire a causa dell’effetto base dei maggiori prezzi delle materie prime. Se gli indicatori resteranno solidi durante l’anno, le pressioni sul Consiglio Direttivo della BCE affinché inizi a ritirare il QE a partire da dicembre si faranno probabilmente più intense, specialmente nel nord Europa.

Nella UEM i mercati si trovano inoltre di fronte ad accresciuti rischi politici. Dopo l’esito inaspettato del referendum sulla Brexit e delle presidenziali americane, gli investitori sono preoccupati dal fitto calendario elettorale dei prossimi mesi (Olanda, Francia e possibilmente Italia andranno alle urne). A intimorire gli operatori è soprattutto la crescente popolarità di partiti e movimenti nazionalisti ed euroscettici in alcuni Paesi fondatori dell’euro area, il che potrebbe portare eventualmente alla sua disgregazione. I riflettori sono puntati sulla Francia: stando a un recente sondaggio, la candidata del partito anti-UE Front National, Marine Le Pen, ha consolidato il proprio vantaggio e dovrebbe ricevere il 28% dei consensi nel primo turno. Si esclude tuttavia un suo insediamento all’Eliseo a causa delle peculiarità del sistema elettorale francese. Se nessun candidato otterrà una maggioranza assoluta al primo turno, i primi due classificati andranno al ballottaggio. Le Pen vincerà probabilmente la prima tornata, ma si prevede che al ballottaggio i partiti tradizionali uniranno le forze e sosterranno il suo avversario, come già avvenuto in occasione delle elezioni regionali del 2015. Permane tuttavia l’incertezza a causa delle previsioni errate di sondaggisti e analisti durante lo scorso anno. Guardando ai mercati finanziari, la pressione sulla Francia si è intensificata, come dimostra l’aumento sostenuto del prezzo dei CDS a cinque anni e l’allargamento del differenziale rispetto al bund tedesco. Sebbene non si possano escludere rischi politici, continuiamo a credere che le imminenti elezioni nella UEM non porteranno al potere governi populisti. Ci aspettiamo tuttavia una maggiore volatilità nei mesi a venire.

Fonte: UE, USA

Denis Torri