Exit Tax nel decreto internazionalizzazione

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Sospensione della riscossione della tassazione in caso di trasferimento all’estero

L’articolo 11 apporta modifiche al vigente regime fiscale del trasferimento intracomunitario di sede all’estero. Le norme in esame consentono di sospendere l’applicazione della cd. exit tax anche nel caso di trasferimento, da parte di un’impresa non residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una stabile organizzazione ed aventi ad oggetto un’azienda o un ramo d’azienda, verso altro Stato appartenente all’Unione Europea ovvero aderente all’Accordo sullo Spazio Economico. Si ricorda che l’exit tax si applica alle imprese commerciali che trasferiscono la residenza all’estero; per tali soggetti, ove il trasferimento comporti la perdita della residenza in Italia ai fini delle imposte sui redditi, esso è tassato come realizzo, al valore normale dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

Inoltre, per effetto delle modifiche in esame, la sospensione dell’exit tax si applica anche ai trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti), alle condizioni di legge.

Si rammenta che l’articolo 12, comma 1, lettera e) della legge delega (legge n. 23 del 2014) individua, tra i principi e i criteri direttivi per l’introduzione di norme volte a ridurre le incertezze nella determinazione del reddito e della produzione netta e per favorire l’internazionalizzazione dei soggetti economici operanti in Italia, l’armonizzazione regime di tassazione degli incrementi di valore emergenti in sede di trasferimento d’azienda a titolo oneroso, allineandolo, ove possibile, a quello previsto per i conferimenti.

Il vigente regime dell’exit tax

In via generale, l’articolo 166 (comma 1) prevede che il trasferimento all’estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale (cd. exit tax), dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

Analogo trattamento è previsto se, successivamente, i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti. Si considerano in ogni caso realizzate al valore normale le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all’estero. Per le imprese individuali e le società di persone valgono specifiche regole.

L’”exit tax” consente dunque allo Stato di partenza di tassare le plusvalenze latenti all’atto del trasferimento all’estero della residenza fiscale di un’impresa (o dei suoi componenti aziendali).

Il vigente comma 2-quater è stato introdotto dall’articolo 91 del D.L. n. 1 del 2012, a seguito dell’apertura da parte della Commissione Europea di una procedura di infrazione (n. 2010/4141) nei confronti della Repubblica italiana in merito al regime fiscale previsto dall’articolo 166 del TUIR, in relazione al trasferimento di residenza d’impresa in altro Stato dell’UE o dello Spazio Economico Europeo (SEE); tale regime era stato infatti reputato incompatibile con il TFUE e con l’Accordo SEE, “in quanto le plusvalenze latenti sono incluse nella base imponibile dell’esercizio finanziario qualora una società italiana trasferisca la residenza in un altro Stato membro dell’UE o SEE, o qualora una stabile organizzazione cessi le proprie attività in Italia o trasferisca i propri attivi situati in Italia in un altro stato membro dell’UE o SEE, mentre le plusvalenze latenti risultanti da operazioni effettuate esclusivamente all’interno del territorio nazionale non sono incluse nella detta base imponibile”. L’introdotto comma 2-quater prevede pertanto che i soggetti che trasferiscono la residenza, ai fini delle imposte sui redditi, in Stati UE o SEE inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del Testo.

Unico delle Imposte sui redditi – TUIR (c.d. paesi white list, ovvero paesi coi quali vi è un adeguato scambio di informazioni in materia fiscale, per cui si veda comunque l’articolo 10 dello schema in esame), con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari comparabile a quella assicurata dalla direttiva 2010/24/UE, possono richiedere la sospensione degli effetti del realizzo ivi previsto, in conformità ai principi sanciti dalla sentenza 29 novembre 2011, causa C- 371-10, National Grid Indus BV. La direttiva 2010/24/UE disciplina le modalità di assistenza reciproca tra Stati membri per il recupero dei crediti derivanti da determinate imposte e altre misure, sia nazionali che dell’Unione Europea.

In sostanza, la norma consente ai soggetti interessati, nell’ipotesi di trasferimento all’estero della residenza fiscale, di richiedere un regime sospensivo degli effetti realizzati purché: la residenza sia stabilita sul territorio di Stati UE o SEE c.d. white list; detti Stati abbiano stipulato con l’Italia un accordo di reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari compatibile con quella assicurata dalla direttiva 2010/24/UE.

Per la sospensione il comma 2-quater rimanda ai principi sanciti dalla sentenza 29 novembre 2011, causa C-371-10, National Grid Indus BV.

Si evidenzia, al riguardo, che con tale sentenza, la Corte di giustizia europea ha dichiarato che una società costituita secondo il diritto di uno Stato membro, che trasferisce in un altro Stato membro la propria sede amministrativa effettiva, senza che tale trasferimento di sede incida sul suo status di società del primo Stato membro, può invocare l’articolo 49 TFUE (concernente il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento) al fine di mettere in discussione la legittimità di un’imposta ad essa applicata dal primo Stato membro in occasione di tale trasferimento di sede. Inoltre, la Corte ha sancito che l’art.49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non preclude a uno Stato membro l’introduzione di una normativa ai sensi della quale l’importo del prelievo sulle plusvalenze latenti, relative agli elementi patrimoniali di una società, è fissato in via definitiva – senza tener conto delle minusvalenze né delle plusvalenze che possono essere realizzate successivamente – nel momento in cui la società, a causa del trasferimento della propria sede amministrativa effettiva in un altro Stato membro, cessa di percepire utili tassabili nel primo Stato membro; è irrilevante a tale riguardo che le plusvalenze latenti tassate si riferiscano a profitti sul cambio che non possono essere evidenziati nello Stato membro ospitante, tenuto conto del sistema fiscale in esso vigente. L’articolo 49 preclude invece allo Stato membro di imporre per legge ad una società che trasferisce in un altro Stato membro la propria sede amministrativa effettiva la riscossione immediata, al momento stesso di tale trasferimento, dell’imposta sulle plusvalenze latenti relative agli elementi patrimoniali di tale società.

Con una prima modifica (articolo 11, comma 1, lettera a)) viene espunto dall’articolo 166, comma 2-quater del TUIR il riferimento alla sentenza 29 novembre 2011, causa C-371-10, National Grid Indus BV, e si aggiunge un periodo alla fine del comma medesimo, al fine di applicare il tax deferral al trasferimento, da parte di un’impresa non residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una stabile organizzazione, aventi ad oggetto un’azienda o un ramo d’azienda, verso altro Stato appartenente all’Unione Europea ovvero aderente all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.

Con una seconda modifica (articolo 11, comma 1, lettera b), che a tal fine modifica l’articolo 179, comma 6 TUIR sul regime fiscale di trasformazioni e fusioni) sono inclusi nel regime di tax deferral i trasferimenti che conseguono indirettamente ad altre operazioni straordinarie (fusioni, scissioni e conferimenti). Di conseguenza anche per tali trasferimenti viene introdotto un analogo regime di sospensione della tassazione, fino all’effettivo realizzo del bene.

Si ricorda che ai sensi del richiamato comma 6 si considerano realizzati al valore normale i componenti dell’azienda o del complesso aziendale che abbiano formato oggetto di alcune operazioni aziendali straordinarie (indicate alle lettere da a) a d) del comma 1 dell’articolo 178) non confluiti, in seguito a tali operazioni, in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.

La stessa disposizione si applica se successivamente alle predette operazioni i componenti conferiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti; per effetto delle norme in commento si precisa che, ove compatibili, si applicano le norme sul tax deferral di cui all’articolo166, commi 2-quater e seguenti.

La relazione illustrativa in merito chiarisce che le modifiche in esame intendono modificare un regime ritenuto distorsivo, perché prevede la coesistenza di trattamenti fiscali differenti, che consentono cioè alle imprese di sospendere o meno l’imponibilità delle plusvalenze a seconda dell’operazione da cui deriva lo spostamento di residenza.

Il comma 2 dispone che le norme dell’articolo 11 sul tax deferral decorrano dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Fonti EU

Denis Torri

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