Il pagamento dell’Iva estingue il reato

Dopo la revisione del sistema penale tributario il pagamento del debito tributario estingue il reato.

La Corte di Cassazione, III Sezione Penale, con la recente sentenza n. 40314 del 28 settembre 2016 ha affrontato uno degli aspetti più importanti introdotti con il riordino del sistema penale tributario, avvenuto per mezzo dell’ormai noto D.Lgs. n. 158 del 24 settembre 2015 (in vigore dal 22 ottobre 2015): l’estinzione di taluni reati tributari a seguito dell’integrale pagamento dei debiti tributari.

L’omesso versamento Iva sanato estingue il debito.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava il ricorso proposto dal legale di un imprenditore condannato alla pena di 4 mesi di reclusione (sostituita con la multa di € 4.560) per essere stato giudicato responsabile del reato di “Omesso versamento di IVA”, condotta prevista e punita dall’art. 10-ter del D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000.
Il ricorso, oltre a fondarsi sulla circostanza che l’imprenditore non sarebbe stato in grado di versare l’IVA dovuta nei termini previsti (per un ammontare di circa € 400.000) a causa di una profonda crisi economica, si basava anche sulla richiesta del riconoscimento delle attenuanti comuni di cui all’art. 62 c.p., n. 6 (“l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato”), considerato che l’imputato aveva di fatto richiesto ed ottenuto la rateizzazione del pagamento del debito tributario, onorandolo per intero.
Con la decisione della sentenza in commento, i giudici di piazza Cavour hanno stabilito che sul piano dell’esclusione della colpevolezza è irrilevante la crisi di liquidità del debitore alla scadenza del termine fissato per il pagamento, a meno che non venga dimostrato che sono state adottate tutte le iniziative utili alla corresponsione di quanto dovuto.

Stessa posizione è stata tenuta anche sulla richiesta dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6 (risarcimento del danno), posto che la Corte ha ritenuto infondato il motivo del ricorso su questo tema.

La Corte, però, ha stabilito che alla luce della recente revisione apportata dal D.Lgs. n. 158 del 2015 ed in particolare con la sostituzione, attraverso l’art. 11 del citato decreto, dell’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000 (“Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario”), alla condotta restitutoria dell’imputato va ora riconosciuta l’efficacia estintiva del reato commesso.

In sostanza, a differenza di quanto previsto nella precedente formulazione dell’art. 13, ovvero una diminuzione della pena fino alla metà e la disapplicazione delle pene accessorie previste dall’art. 12 in caso di pagamento, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, dei debiti tributari, adesso, con l’integrale sostituzione del testo dell’art. 13, il nuovo comma 1 prevede che l’adempimento del tributo (comprensivo di sanzioni amministrative ed interessi ed avvenuto anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso) estingue i reati di “Omesso versamento delle imposte certificate” (art. 10-bis), “Omesso versamento Iva” (art. 10-ter) e “Indebita compensazione mediante utilizzo di crediti non spettanti” (art. 10-quater, comma 1), qualora avvenga, però, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.

In merito alle fattispecie penali su menzionate, nella Relazione governativa riguardante la revisione del sistema penale tributario emerge come “…per tali reati la causa di non punibilità trova la sua giustificazione politico criminale nella scelta di concedere al contribuente la possibilità di eliminare la rilevanza penale della condotta attraverso una piena soddisfazione della pretesa erariale purché ciò avvenga, evidentemente, prima del processo penale: il contenuto della condotta risiede infatti in un mero inadempimento di un debito fiscale che tuttavia il contribuente ha correttamente indicato, sicché il suo adempimento in tempo utile in rapporto alle scansioni processuali, anche se non spontaneo, giustifica il solo ricorso alle sanzioni amministrative”.

Pertanto, nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, l’integrale pagamento del debito tributario effettuato dall’imprenditore e la trasformazione della fattispecie attenuante in fattispecie estintiva per il reato previsto dall’art. 10-ter, ha comportato in pratica l’estinzione del reato stesso.

I giudici, inoltre, fornendo un’ulteriore lettura costituzionalistica, hanno evidenziato come “…la condotta restitutoria, dunque, assume rilievo nell’elisione della finalità rieducativa (o risocializzante) assegnata, quanto meno sotto il profilo assiologico, alla sanzione penale dalla stessa Costituzione (art. 27 Cost., comma 3); in altri termini, la pena astrattamente prevista non ha più ragione di essere applicata allorquando la condotta restitutoria susseguente implichi, sotto il profilo teleologico, il venir meno della funzione rieducativa ad essa assegnata”).

L’efficacia estintiva e non più soltanto attenuante attribuita al pagamento integrale degli importi dovuti (nel caso di specie l’IVA), è stata quindi chiarita dalla Cassazione, la quale ha però sottolineato che ai fini della valutazione del pagamento integrale dei debiti tributari, questo deve necessariamente comprendere anche le sanzioni amministrative e gli interessi.

Fonti: EU, Corte di Cassazione

Denis Torri