Forza del mercato del lavoro americano: aumento dei tassi a giungo?

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I solidi dati sull’occupazione americana riferiti ad aprile lasciano intendere che il FOMC innalzerà nuovamente il tasso sui fondi federali a giugno. La robusta creazione di nuovi impieghi corrobora la valutazione del comitato secondo la quale la frenata della crescita nel primo trimestre è stata “verosimilmente transitoria”. Frattanto la dinamica dei salari rimane moderata, consentendo alla Federal Reserve di modificare con gradualità la propria politica monetaria. Restiamo pertanto convinti che lo scenario più probabile sia quello di due ulteriori aumenti dei tassi per quest’anno. Ci aspettiamo inoltre un annuncio da parte della Fed riguardo alla riduzione del proprio portafoglio titoli prima della fine dell’anno.

Il mese scorso gli occupati non agricoli sono aumentati di 211mila unità, superando le attese, mentre la disoccupazione è scesa di 0,1 punti percentuali fino al 4,4%, lo stesso livello raggiunto durante il precedente ciclo espansivo all’inizio del 2007. Alcuni dettagli del rapporto dimostrano lo stato di salute del mercato del lavoro a stelle e strisce: i dipendenti part-time involontari sono diminuiti del 3,6% sul totale sugli occupati, attestandosi sui minimi dal marzo del 2008, e la durata dei periodi di disoccupazione risulta essere la più breve dal giugno del 2009.

Tali dati appaiono coerenti con il recupero dell’attività economica che traspare dalle rilevazioni ISM pubblicate la scorsa settimana. Rispecchiando l’aumento della produzione sia nel manifatturiero sia nei servizi, il relativo indice composito ISM da noi elaborato è risalito fino a 61,8, un livello in linea con una crescita del PIL superiore al trend. Dal punto di vista del FOMC ciò implica un ulteriore assorbimento della capacità inutilizzata nel corso dei trimestri successivi, il che giustifica una posizione meno accomodante.

Condividiamo tale conclusione nonostante gli aumenti salariali rimangano modesti: lo scorso mese le retribuzioni orarie hanno rallentato a sorpresa su base tendenziale fino al 2,5%. Riteniamo tuttavia che tale fenomeno avrà vita breve: stando alle rilevazioni presso i datori di lavoro, un numero consistente di aziende lamenta sempre più difficoltà nel trovare lavoratori qualificati e si dichiara disposto ad aumentare gli stipendi per convincere i dipendenti a rimanere nonché attirare nuovi candidati.

Poiché i mercati scontano al momento un’ulteriore stretta di 25 punti base sul tasso sui fondi federali alla riunione del FOMC fissata per il 13-14 giugno, assegnandovi una probabilità di circa l’80%, il comitato non dovrebbe temere di cogliere gli investitori in contropiede. Ciò detto, il proseguimento graduale del processo di normalizzazione della politica monetaria dovrebbe esercitare crescenti pressioni al rialzo sui rendimenti obbligazionari statunitensi.

Robusta creazione di posti lavoro negli USA

Come ampiamente previsto, la Federal Reserve ha mantenuto invariata la propria politica monetaria e dovrebbe approvare due ulteriori rialzi dei tassi da qui alla fine dell’anno. La banca centrale non ha attribuito grande importanza alla debole crescita del PIL nel primo trimestre: ha definito la frenata un fenomeno “verosimilmente transitorio” e si è concentrata invece sul rafforzamento del mercato del lavoro e la solidità dei fondamentali alla base dell’aumento dei consumi. Gli occupati non agricoli negli Stati Uniti sono aumentati di 211mila unità ad aprile rispetto ai 79mila (dato rivisto al ribasso) del mese precedente nonché oltre le attese per 185mila unità. A trainare la creazione di nuovi impieghi sono stati i settori alberghiero, sanitario e finanziario nonché l’industria estrattiva. In calo l’indicatore PMI dell’indice ISM manifatturiero, sceso a 54,8 in aprile dal precedente 57,2 e inferiore allo stimato 56,5. Le flessioni più pronunciate hanno riguardato i nuovi ordinativi e gli impieghi, parzialmente compensati dagli ordini all’esportazione.

Cresce il PIL dell’Eurozona

Avvio del 2017 positivo per la crescita economica dell’eurozona, la quale ha battuto gli Stati Uniti: si stima che i principali volani siano stati i consumi domestici e gli investimenti aziendali. Il dato preliminare indica un’accelerazione trimestrale dello 0,5%, in linea con le attese e in miglioramento rispetto allo 0,4% precedente. L’aumento tendenziale è pari all’1,7%, ampiamente al di sopra dello 0,7% sull’altra sponda dell’Atlantico. Il mese scorso è cresciuta l’attività manifatturiera dell’Eurozona, ora ai massimi dall’aprile del 2011. L’indice PMI manifatturiero compilato da IHS Markit è salito a 56,7 rispetto al 56,2 di marzo, attestandosi però poco sotto il 56,8 della stima preliminare. Lievemente meglio rispetto a quest’ultima hanno fatto Italia e Spagna, con la seconda a interrompere una serie negativa che durava da due mesi. Nel frattempo la disoccupazione nell’eurozona si è mantenuta al 9,5%: il relativo tasso è risultato inferiore al 4,0% in Germania, è rimasto invariato al 10,1% in Francia ed è aumentato dello 0,2% in Italia, toccando quota 11,7%.

Fonti: USA, EU, FOCUS SPECIALE

Denis Torri

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